Va in pensione lo storico commesso dei sindaci di Roma: «Mi davo del tu con Veltroni. Carraro? Un milanese...». Gli aneddoti su Proietti, Totti, Gheddafi

commesso_campidoglio_Roma_rocco Coratti
commesso_campidoglio_Roma_rocco Coratti
di Marco Esposito
3 Minuti di Lettura
Venerdì 30 Aprile 2021, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 27 Novembre, 18:48

Oltre quindicimila giorni. Quarantuno anni e due mesi. Quasi una vita, quella trascorsa da Rocco Coratti in Campidoglio, ad un passo (di lato) dai primi cittadini della Capitale. Da lunedì andrà in pensione e dovrà abbandonare – un po’ a malincuore – il ruolo di usciere del Sindaco. 


Rocco Coratti, lei è la memoria storica del Campidoglio. 
«Eh sì. Per fortuna non mi so’ rincoglionito e ricordo tutto. Qui dentro c’ho passato una vita. Un mio parente c’ha fatto pure politica...Mirko».


Quando è entrato?
«Era il 13 febbraio del 1980, pensi, il sindaco era Petroselli». 


Ha conosciuto 10 sindaci. Quello del cuore?
«Ho avuto ottimi rapporti quasi con tutti. Ma con Walter Veltroni c’era un una sintonia particolare. Siamo tutti e due del 1955, ci davamo del “tu”». 


Quasi con tutti? Con chi meno?
«Ignazio Marino. Era freddo, distaccato. Il meno romano di tutti. Aveva un carattere un po’ particolare».


E con la Raggi?
«Una grande lavoratrice, su di lei troppe cattiverie». 


Ieri l’ha salutata?
«Sì. Abbiamo parlato una mezz’ora. Le ho dato qualche consiglio».


Qualche consiglio? Tipo?
«Eh, questo non glielo posso dire».


Il ricordo più forte di questi 41 anni?
«La Camera Ardente per Alberto Sordi. Fu allestita in Aula Giulio Cesare, una cosa che si fa solo per chi è stato Sindaco di Roma. Un trattamento riservato solo a lui e a Franco Sensi, il presidente della Roma dello scudetto. La gente in fila per salutarlo non finiva mai. Durò tre giorni, un fiume di persone senza fine». 


Avrà incontrato mille personaggi...
«Tanti. Qui in Campidoglio è venuto pure James Bond (l’attore Daniel Craig)con Monica Bellucci. Ma soprattutto ne ho visti tanti all’epoca di Veltroni. Il più forte è il povero Gigi». 


Proietti?
«Sì, stava aspettando Veltroni e mi chiese un caffè, ma la bouvette del Campidoglio aveva già chiuso.

Gliene feci uno con la macchinetta con le cialde del segretario generale Gagliani Caputo. Subito dopo Gigi mi chiese anche una sigaretta (lo imita mentre lo racconta, ndr). A quel punto, faccia di bronzo per faccia di bronzo, gli dissi: “A Proie’ sta sigaretta te costa du’ biglietti al Brancaccio”. E lui fu così carino da regalarmeli». 


I giocatori di Roma e Lazio?
«Scherzo spesso con Totti». 


E che gli dice?
«L’ultima volta che l’ho visto era insieme al padre di Ilary, laziale sfegatato. E allora gli dissi “Francesco, domenica vi apriamo come le cozze”. Ma poi... abbiamo pareggiato».


In Campidoglio sono venuti anche tanti politici stranieri. Chi l’ha colpita di più?
«Quando era sindaco Alemanno venne Gheddafi. C’era tantissima gente con lui».


Cosa fece?
«Quello che fanno tutti, andò subito ad affacciarsi al balcone del Sindaco. Sempre che fosse veramente Gheddafi».


In che senso?
«Boh, dicevano avesse moltissimi sosia. Vai a capi’...». 


Tornando ai sindaci, chi era il più lavoratore?
«Alemanno. Rimaneva qui anche fino alle quattro-cinque del mattino. Ci trattava con i guanti bianchi».


E Rutelli?
«Laziale come me. È quello che ha fatto di più per la città, ma aveva i soldi del Giubileo».


Non mi ha raccontato nulla di Carraro...
«Lasciamo perdere. Era elettrico, scattava sempre. Milanese... non dico altro (in realtà è nato a Padova, ma cresciuto a Milano e fu presidente del Milan, ndr)».


E da lunedì che farà?
«Boh...Penso di andare aiutare mio fratello che ha una carrozzeria, io senza fa’ niente non ci so stare, se stai a casa mori’ prima».

© RIPRODUZIONE RISERVATA