Roma, infermiera presa a calci dal paziente no vax che non voleva essere curato

Ennesimo caso di aggressione agli operatori sanitari negli ospedali di Roma. Insorgono i sindcati

Roma, infermiera presa a calci dal paziente no vax che non voleva essere curato
Roma, infermiera presa a calci dal paziente no vax che non voleva essere curato
4 Minuti di Lettura
Lunedì 14 Febbraio 2022, 13:12 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 17:49

Follia all'ospedale San Camillo di Roma, dove un'infermiera del reparto Covid è stata aggredita da un paziente no vax e positivo. L'uomo, nonostante l'aggravarsi delle sue condizioni, si era rifiutato di sottoporsi alle cure.

Leggi anche > Roma, pochi manifestanti al raduno no vax. Appello alle forze dell'ordine: «Unitevi a noi»

Roma, infermiera presa a calci dal paziente no vax

Come scrive Flaminia Savelli per Il Messaggero, l'episodio si è verificato venerdì sera: il paziente non voleva essere curato e ha iniziato a dare in escandescenze. Ad avere la peggio è stata una giovane infermiera, da poco assunta al San Camillo, che prima è stata spinta a terra e poi presa a calci in testa. A salvare l'operatrice sanitaria sono stati gli altri colleghi, mentre il paziente no vax, una volta bloccato dagli agenti della sicurezza dell'ospedale, ha iniziato ad urlare: «»Questa è una dittatura sanitaria e non avrete il mio consenso per le cure. L'infermiera, 30 anni, lavora al reparto Covid del San Camillo da un mese ed ha riportato ferite e contusioni guaribili in dieci giorni. Alle forze dell'ordine intervenute, in lacrime, la giovane infermiera ha spiegato: «Mi si è rivoltato contro all’improvviso. È accaduto tutto in pochissimi secondi, non sono riuscita a liberarmi». Il paziente no vax è stato denunciato per aggressione e lesioni.

Infermiera aggredita, la rabbia dei sindacati

«Gli episodi di violenza, in particolare nei pronto soccorso, sono aumentati esponenzialmente. Riceviamo segnalazioni da tutti gli ospedali. Il personale è già allo stremo, la quarta ondata della pandemia ci ha piegati. Questi episodi sono gravissimi», ha spiegato Stefano Barone, segretario del Nursind del Lazio. I sindacati degli infermieri segnalano un fenomeno sempre più in crescita: quello di operatori sanitari che, di fronte alla pressione sempre più stringente nei reparti, e anche ai tanti casi di aggressione, decidono di abbandonare la professione. Sono oltre 600 gli infermieri che, nel 2021, si sono licenziati.

Infermiera aggredita, il precedente a Roma

Quello avvenuto al San Camillo non è un fatto isolato. All'inizio di gennaio, all'ospedale San Giovanni di Roma, un paziente aveva aggredito un'altra infermiera, staccandole il dito a morsi. La sanitaria era stata subito soccorsa dai colleghi, dalle guardie di sicurezza dell’ospedale e quindi dalle forze dell’ordine intervenute per riportare la calma in reparto. E ancora, più recentemente, al Grassi di Ostia un operatore dell'accettazione di pronto soccorso è stato aggredito dal familiare di un paziente.
Come ricorda sempre Stefano Barone del Nursind Lazio: «In questo momento oltre al disagio legato all’emergenza pandemica si somma anche il costante rischio di aggressioni.

L’infermiera aggredita venerdì, è giovanissima e appena entrata in servizio. Avrà bisogno di tempo non solo per riprendersi dall’aggressione fisica. La situazione è davvero drammatica e solo arruolando nuovi infermieri potrà alleggerirsi. Non ci sono alternative o strade alternative. Il personale, sia medico che infermieristico, non può reggere ancora».

Infermiera aggredita, Zega: «Ora basta, svegliamoci»

«La giovane collega aggredita e pestata all'Ospedale San Camillo ha tutta la solidarietà e l'affetto dell'Ordine degli Infermieri di Roma: ma il fatto è che la sicurezza del personale sanitario nelle strutture ospedaliere è messa in pericolo sempre, e il fenomeno cresce ogni giorno di più, con il protrarsi delle follie negazioniste sul Covid 19». Lo dichiara il Presidente dell'Ordine delle professioni Infermieristiche di Roma, Maurizio Zega «Proprio oggi Roma conoscerà l'ennesimo raduno di irresponsabili che sono, si legge sulla stampa, pronti a "creare disagi alla città": intanto uno di loro ha provato a spaccare la testa a chi voleva soltanto curarlo. Quando oggi si sentiranno le consuete dichiarazioni deliranti verrebbe loro da rispondere: andate a dirlo a questa giovane presa a calci in testa. A noi sembra che l'esercizio della professione sia reso ogni giorno sempre più difficile, e su questo le autorità pubbliche dovrebbero interrogarsi. Intanto ci pestano, ora qui ora là, poi gli infermieri sono bellamente dimenticati dal governo in sede di legge finanziaria, e così restiamo con compensi peggio che ridicoli. Sembrano semplicemente ignorare la nostra esistenza, anche se oggi leggeremo magari un diluvio di dichiarazioni di solidarietà alla nostra collega, che però avranno un bel sapore di ipocrisia: dopo essere stati dichiarati "eroi", si vuole anche dichiararci martiri? Il colmo - ha concluso Zega - è che questo avviene mentre tutti lamentano che siamo troppo pochi, che c'è bisogno di più infermieri; e secondo autorevoli fonti scientifiche anche il numero di morti durante la pandemia, anomalo nel caso italiano, potrebbe essere dovuto proprio alla carenza di infermieri».
«Non sarebbe il caso che ci si svegliasse? Alla nostra collega appena arrivata ad esercitare la sua professione va il nostro abbraccio e la nostra vicinanza: nella speranza che questo ennesimo orribile episodio faccia riflettere chi di dovere su una situazione ormai insostenibile. Ô ora di svegliarsi», conclude.

© RIPRODUZIONE RISERVATA