Pacchi bomba a Roma, anarchici anti-Coronavirus dietro le buste esplosive della Capitale

Pacchi bomba a Roma, anarchici anti-Coronavirus dietro le buste esplosive della Capitale
di Sofia Unica
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Giovedì 5 Marzo 2020, 05:01 - Ultimo aggiornamento: 08:37
Anarchici antiCoronavirus dietro i pacchi bomba che hanno ferito due donne al Nuovo Salario ed alla Balduina. Due vittime che non avevano rapporti tra di loro ma impegnate istituzionalmente su fronti unici. E' una delle ipotesi al vaglio degli investigatori che stanno indagando sulle tre lettere esplosive recapitate lunedì scorso al medico epidemiologo del policlinico di Tor Vergata Daniela Carmicelli, al funzionario dell'Inail del Tuscolano Rosa Quattrone ed alla microbiologa in pensione, dell'università del Sacro Cuore Elisabetta Meucci. Tutto combacerebbe con alcune scritte comparse in città nei giorni scorsi che recitano: Coronavirus=Globalizzazione.
La procura ha aperto un fascicolo con l'ipotesi di reato di attentato con finalità di terrorismo. I detective dell'antiterrorismo della digos della questura e del ros dell'arma dei carabinieri coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Caporale, stanno seguendo varie piste a trecento sessanta gradi senza escludere nemmeno quella politica legata ai movimenti anarchico insurrezionalisti o quella che porta a nuovi gruppi eversivo che vogliono colpire chi si sta occupando, in maniera diretta o indiretta di Coronavirus. Nessuno fino ad ora ha rivendicato l'azione.
Il mittente indicato su una delle buste corrispondeva al nome di una persona effettivamente conosciuta dalla vittima che la doveva ricevere. Gli ordigni, che hanno ferito alle mani ed agli occhi due della professioniste, erano stati confezionati, secondo gli artificieri in maniera rudimentale ma da un esperto nella costruzione di ordigni esplosivi. All'interno della busta esplosiva, Unabomber aveva posizionato il detonatore attivabile una volta aperta la linguetta della busta ad un bulbo di lampadina messo dentro un contenitore di polvere da sparo per fuochi d'artificio.
Al vaglio degli investigatori anche le telecamere di videosorveglianza delle località di spedizione, su cui gli inquirenti mantengono il più stretto riserbo, dei plichi da dove potrebbero venire identificati i mittenti.

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