«Sola, in piena notte, con l’auto in panne in zona Eur dopo il concerto di Venditti e De Gregori: volevo una stanza in hotel ma mi hanno respinta e ho dovuto pagare 220 euro - in contanti e in anticipo - al tassista che mi ha preso a bordo per portarmi fino a casa. A Latina». Potrebbero capitare a chiunque le ore vissute da Fabiana Grassi, 40 anni, segretaria d’azienda. Una vicenda grottesca, a tratti paradossale, che più di molte altre racconta uno spaccato della Capitale di cui non andare per nulla fieri. Che Roma è diventata quella che non aiuta una donna sola?
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Fabiana ha cantato a squarciagola i brani dei due cantautori.
Arriva un taxi con 6 turisti, è della cooperativa 3570: «Chiedo se fosse libero e se poteva portarmi fino a Latina. La risposta è stata: “Sai quanti km sono? E come paghi?”. Ho due carte di credito e il bancomat. “Non accetto carte”, la replica. Così il tassista - alle 2 di notte - ha preteso che andassi a prelevare 220 euro in contanti, da pagare prima della corsa. Niente tassametro, la tariffa era 110 euro all’andata e altrettanti per il ritorno».
Fabiana mastica amaro: figlia di un tassista, conosce bene il bon ton di chi deve rendere un servizio pubblico: «Ho avuto la sensazione che il mio abbigliamento e l’orario abbiano contribuito nel farsi un’idea sbagliata. Ma può un receptionist negare aiuto a una donna in difficoltà, evitandole altri disagi? E il tassista può pretendere il pagamento anticipato della corsa? Se al mio posto ci fosse stata un’adolescente, nessuno l’avrebbe aiutata? No, così non va. Roma non è una... città aperta».