Roma, archiviata inchiesta su cimitero dei feti: «Prassi erronea, ma nessun dolo»

Sul caso l'associazione DifferenzaDonna aveva presentato un esposto a piazzale Clodio

Roma, archiviata inchiesta su cimitero dei feti: «Prassi erronea, ma nessun dolo»
2 Minuti di Lettura
Lunedì 7 Febbraio 2022, 17:21

Nomi delle donne sulle croci del cimitero per identificare i feti? Prassi sbagliata, ma nessun dolo. Così è stato archiviato il caso dei feti sepolti al cimitero Flaminio. Sulle croci del camposanto c'era scritto il nome delle donne e la data dell'aborto. Nell'ordinanza del gip di Roma, che ha archiviato la scorsa settimana l'inchiesta, si legge: «Il quadro probatorio riscontrato mostra che il fatto in contestazione non sia stato mosso da alcuna finalità di profitto, bensì risulti semplicemente quale conseguenza di un'erronea prassi posta in essere ab initio dalla struttura sanitaria in cui è avvenuta la procedura di aborto». Sul caso l'associazione DifferenzaDonna aveva presentato un esposto a piazzale Clodio che ha portato all'apertura di un fascicolo con due indagati in cui si ipotizzavano i reati di violazione della legge sull'aborto e sulla diffusione dei dati personali. Lo scorso aprile però la stessa Procura, con il procuratore aggiunto Angelantonio Racanelli e la pm Claudia Alberti, aveva chiesto l'archiviazione dell'inchiesta, accolta dal gip.

Leggi anche > Roma, spara ai testicoli del fidanzato della figlia con una pistola a piombini: voleva difenderla

«Come evidenziato dal pubblico ministero, la carenza normativa riscontrata in tale ambito che ha portato a questo 'uso' dell'apposizione dei nomi delle donne al fine di identificazione dei feti - scrive il gip rigettando la proposta di opposizione all'archiviazione - ha successivamente comportato un celere intervento, dietro impulso dell'Autorità garante per la Privacy, del Comune di Roma, Dipartimento tutela ambientale, al fine di modificare il Regolamento di Polizia cimiteriale nonché i protocolli riguardanti il trattamento dei dati personali nei cimiteri di Roma Capitale, indicando apposite istruzioni operative per rimuovere tale violazione, nonché nuove istruzioni in merito ai nuovi trattamenti, prevedendo per l'identificazione del feto unicamente un codice alfanumerico». «Alcun nocumento intenzionalmente voluto - conclude il giudice - al fine di trarre a sé o ad altri ingiusto profitto risulta emerso nell'illecita diffusione ei dati sensibili e nella violazione della riservatezza delle donne che hanno avuto accesso alla pratica di interruzione della gravidanza».

© RIPRODUZIONE RISERVATA