Tutto per un cappellino. La lite tra 15enni davanti alla metro Lepanto, che stava per trasformarsi in un omicidio, è iniziata per un “conteso” cappello con visiera da rapper. I due minorenni si sono rincorsi e, dopo che uno dei due gli aveva sfilato il cappellino, l’altro lo ha rincorso con un coltello ferendolo quasi a morte. La crudeltà con la quale è stato sferrato il fendente è testimoniata dalla pozza di sangue rimasta sull’asfalto a pochi metri dalle scale della metropolitana. Sono stati momenti terrificanti, all’angolo con viale Giulio Cesare.
I TESTIMONI.
L’ACCOLTELLATORE Le famiglia di appartenenza di entrambi si conoscono e si frequentano. Incensurato, coetaneo della vittima, anche lui capoverdiano di seconda generazione, residente con la madre a via dell’Archeologia a Tor Bella Monaca. Ha abbandonato la scuola da qualche anno e vive imitando i cantanti della musica rap e trapper, che girano con il coltello in tasca e il tirapugni. Ecco il profilo del giovane che gli investigatori della squadra mobile e del commissariato Prati hanno fermato poche ore dopo il fatto. Il ragazzo si è disfatto del coltello subito dopo il ferimento ed è scappato con la metropolitana fino alla stazione Tiburtina dove poi ha preso un autobus per rifugiarsi a casa della madre, separata dal padre.
IL FERITO Nato in Italia ma originario delle Isole di Capo Verde, come il suo aggressore. Il giovane è residente su via Cassia, nella zona di Due Ponti, dove vive con la famiglia. Incensurato, frequenta la stessa comitiva che “bivacca” fino a tarda ora lungo viale Giulio Cesare.