Rogo a Centocelle, il rom ricercato invia il dna in Procura: "Vi dimostro che sono innocente"

Rogo a Centocelle, il rom ricercato invia il dna in Procura: "Vi dimostro che sono innocente"
Rogo a Centocelle, il rom ricercato invia il dna in Procura: "Vi dimostro che sono innocente"
di Davide Manlio Ruffolo
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Giovedì 27 Luglio 2017, 09:18
«Non sono stato io e ve lo dimostrerò». Questo sostanzialmente il messaggio che ha fatto recapitare Renato Seferovic, indagato per il rogo del camper a Centocelle in cui la notte tra il 9 e il 10 maggio scorso trovarono la morte tre sorelline rom, agli inquirenti di piazzale Clodio. L'uomo infatti, pur essendo tutt'ora ricercato, ha deciso di fare la propria mossa inviando un pacco sigillato al difensore del fratello Serif, l'avvocato Gianluca Nicolini, affinché potesse farlo arrivare nelle mani degli inquirenti.

Un plico in cui sarebbero contenuti oggetti che Renato ha usato in tempi recenti e da cui sarebbe possibile, almeno secondo le proprie intenzioni, estrapolare il prezioso materiale genetico capace di scagionarlo da tutte le accuse. Tra i reperti contenuti nel pacco ci sarebbe anche una tazzina da cui Renato avrebbe bevuto, contenente quindi sia tracce di saliva che impronte digitali, oltre che alcuni fazzoletti da lui stesso maneggiati. Tutto il materiale è ora nelle mani degli uomini della scientifica che dovranno confrontarlo con le tracce reperite sul luogo del brutale pluriomicidio. 
Al momento nel fascicolo aperto sulla terribile vicenda risultano indagati sia Renato, proprietario del pulmino bianco da cui scendeva l'uomo che poi dava alle fiamme il camper degli Halilovic con una molotov, che il fratello Serif.

Proprio quest'ultimo, secondo i poliziotti della Squadra Mobile, sarebbe stato l'esecutore materiale dell'omicidio e, infatti, veniva arrestato a Torino dopo quella che era sembrata una breve fuga. Tuttavia il gip del capoluogo del Piemonte, analizzato il caso e chiamato a decidere sull'eventuale convalida dell'arresto, decideva per la sua scarcerazione. Una decisione motivata dal giudice Alessandra Danieli per «mancanza di gravi indizi di colpevolezza» e su cui la Procura di Roma, in attesa di leggere il dispositivo, aveva manifestato l'intenzione di presentare ricorso.
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