Peste suina, Regione Lazio: raddoppiare gli abbattimenti di cinghiali fino a 50 mila

Il piano approvato dalla giunta regionale ha come obiettivo il contenimento dei cinghiali attraverso procedure di abbattimenti selettivi. Le aree più colpite sono a Viterbo, Rieti e Roma

immagine di repertorio
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Martedì 14 Giugno 2022, 21:17

Raddoppiare gli abbattimenti di cinghiali fino a 50 mila, rispetto a quelli previsti nell'ultima stagione venatoria 2021-2022. È quanto prevede il piano regionale di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l'eradicazione della peste suina africana nel Lazio. I dati regionali documentano infatti che nel corso dell'attività venatoria della stagione 2021-2022 sono stati abbattuti circa 25.000 esemplari su una popolazione di 75.000 esemplari (le aree a maggiore densità sono quelle di Roma, Viterbo e Rieti). Numeri che ora devono essere raddoppiati. La regione inoltre sottolinea che gli abbattimenti riferiti alla stagione venatoria 2021-2022 rappresentano circa il 30% della popolazione di cinghiali presente sul territorio. L'obiettivo del piano triennale quindi è attenuare il rischio di introdurre la malattia in territori indenni. 

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La regione evidenzia che essendo la peste suina «una malattia infettiva contagiosa causata da un virus (Asfivirus), in grado di causare elevata mortalità nei suidi sia domestici che selvatici di qualsiasi età e sesso», può portare ad avere un impatto economico rilevante, con gravi ripercussioni sulla redditività del settore degli allevamenti e incidendo in modo significativo sulla produttività del settore agricolo. L'unico strumento a disposizione per contenere tale impatto, per la regione sarebbe l'individuazione precoce dell'ingresso della malattia e «l'attuazione tempestiva di misure di contenimento della sua diffusione». Non esiste cura «né vaccino al Virus della peste suina, pertanto difficile contenere la sua diffusione, in grado di provocare gravissimi effetti sul patrimonio faunistico, zootecnico e nel settore della lavorazione delle carni», è stato precisato nelle motivazioni del piano.

Nella delibera si ribadisce che la caccia di selezione, quale attività venatoria basata su di un prelievo programmato per classi di età e di sesso, se attuata da «selecontrollori» appositamente abilitati, e se utilizzata su tutto il territorio regionale in cui è ammessa l'attività venatoria, «consente una riduzione consistente della popolazione dei cinghiali, con un basso impatto sulle varie componenti dell'ecosistema e in considerazione della possibilità di essere esercitata in qualsiasi periodo dell'anno».

Per questo si prevede anche l'incremento del prelievo nei confronti degli individui giovani e femmine di tutte le età proprio per contenere il proliferare della specie soprattutto dopo i casi infetti. Nelle aree identificate a maggior rischio (densità di cinghiali, esposizione a contatti a rischio etc.), la provincia di Viterbo, di Rieti e di Roma, devono essere organizzate battute, da effettuarsi con l'utilizzo di personale adeguatamente formato.

L'assessore alla sanità del Lazio, Alessio D'Amato, più volte intervenuto in merito alla necessità di velocizzare le procedure per l'eradicazione del virus, oggi ha ribadito che in gioco c'è la salute pubblica della regione: «Il piano ha una validità triennale e ogni anno sarà predisposto un report di sintesi. Nel contempo devono partire anche le attività di cattura all'interno delle aree perimetrate per la peste suina», ha dichiarato D'Amato. «La riduzione del numero dei cinghiali è un tema di salute pubblica, di sicurezza nella catena alimentare, di decoro urbano e di sicurezza nella mobilità» ha sottolineato l'assessore.

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