Ndrangheta a San Basilio, processo al clan Marando: un secolo e mezzo di condanne totali

Operazione "Coffe Bean"
Operazione "Coffe Bean"
di Emilio Orlando
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Venerdì 2 Aprile 2021, 10:15

Un secolo e mezzo di carcere per il clan 'ndranghetista dei Marando di Platì trapiantanti a San Basilio. I narcotrafficanti gestivano militarmente il fortino dello spaccio di cocaina ed intimidivano i residenti per piegarli ai loro voleri. Il gruppo criminale con i suoi sodali, gestiva la piazza di spaccio del “Pd” in via Corinaldo tra le case popolari. Il giudice del tribunale penale di Roma, Annalisa Marzano ha emesso le condanne, riconoscendo l’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico anche per i complici ed i partecipi arrestati dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Montesacro che avevano ricostruito tutta la filiera criminale in via Corinaldo dove il clan gestisce anche il racket delle case popolari. Le indagini dei detective antidroga con i riscontri investigativi dei militari della stazione di San Basilio aprirono uno spaccato criminale, battezzato “Coffè Bean”, che aveva completamente sottomesso i residenti alle prepotenze del clan originario di Platì in Calabria che aveva rilevato anche la squadra di calcio locale e costruito in strada i gazebo della droga insieme ai malviventi albanesi, consiederati il braccio armato del clan pronti a regolare i conti in ambito malavitoso con chiunque disturbava le attività del narcotraffico.

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In manette oltre ai fratelli Francesco e Alfredo Marando, entrambi condannati a 14 anni, finirono anche Paolo e Domenico Natale Perre che dovranno scontare in tutto 28 anni di carcere. Stessa pena anche per Gian Claudio Vannicola, Lenti Marco. Condanne severe non inferiori ai cinque anni sono state emesse a Claudio Bava, Andrea D’Urnano, Fabio Batocchi, Simona Grossi, Emiliano Spada, Savino Tondo, Simone Pedone, Michele Riso, Stefano Sternoni, Ivana Alessandra Licata, Tiziano Conti, Umberto Strippoli, Emiliano Leotta e Pietro Romano. Per tutti i condannati, tranne che per Leotta il giudice ha disposto oltre che l'interdizione dai pubblici uffici, anche la sospensione della responsabilità genitoriale durante l'esecuzione della pena. 

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