Mario Cerciello Rega, via al processo ai due americani. La moglie Maria Rosaria: «Con la sua morte è finita anche la mia famiglia»

Mario Cerciello Rega, via al processo ai due americani. La moglie Maria Rosaria: «Con la sua morte è finita anche la mia famiglia»
Mario Cerciello Rega, via al processo ai due americani. La moglie Maria Rosaria: «Con la sua morte è finita anche la mia famiglia»
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Martedì 25 Febbraio 2020, 18:40 - Ultimo aggiornamento: 21:34
«Ricorre domani il settimo mese del barbaro assassinio di mio marito Mario, credente, valoroso Carabiniere, che aveva dedicato la propria vita cristiana al servizio del prossimo e in particolare degli ultimi, assassinio che non può e non deve restare impunito». Lo afferma in una nota Maria Rosaria Esilio, moglie del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ucciso a Roma il 26 luglio scorso. Domani davanti alla corte d'assise si apre il processo a carico di studenti americani, Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjort, accusati di concorso in omicidio.

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«La nostra storia di giovani sposi - prosegue la vedova - stroncata da mani criminali, ha commosso il mondo, ha scosso le coscienze e turbato la serenità delle tante persone umili, semplici, che sperano nella provvidenza come sperava l'amatissimo Mario, persone che debbono competere ogni giorno con una minoranza che tende ad avvelenare la società con efferati delitti. Con la morte di Mario è finita anche la mia famiglia, perché nella tomba sono finiti anche i nostri figli mai nati e tutti i nostri sogni, di modo che l'esistenza si è ridotta a vivere di ricordi e immaginare come sarebbe stato straordinario vivere insieme».

La signora Cerciello dedica «a tutti coloro che hanno dimostrato tanta sincera e commovente solidarietà in questa tristissima vicenda, va il mio più vivo ringraziamento, mentre per la Giustizia, non per vendetta, mi rimetto alla competenza di magistratura, investigatori ed avvocati ma anche a voi giornalisti, perché anche dalle vostre parole dipende il rispetto della memoria dell'eroico sacrificio di Mario Cerciello Rega, fiamma ardente della nostra storia, caduto per noi tutti per la difesa del diritto».

DOMANI AL VIA PROCESSO, I DUE AMERICANI SARANNO IN AULA

Inizierà domani, davanti alla prima Corte di assise di Roma, il processo a Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjort, i due americani in carcere a Regina Coeli per l'omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega. I due giovani, accusati di concorso in omicidio, lesioni, tentata estorsione e resistenza a pubblico ufficiale, saranno entrambi in aula. Dalle difese si attendono le prime mosse. I difensori di Elder, come già annunciato, chiederanno l'acquisizione delle intercettazioni dei colloqui tra l'americano e sua madre e tra il padre e un avvocato statunitense. Secondo l'avvocato Roberto Capra, difensore del 19enne, le trascrizioni sarebbero diverse dagli audio e potrebbero dimostrare che Elder non sapesse di trovarsi davanti a due carabinieri prima di uccidere Cerciello Rega con 11 coltellate. Per le parti civili, la procura e i carabinieri invece, il capitolo degli audio è assolutamente marginale rispetto alle prove schiaccianti raccolte subito dopo il delitto (a cominciare dagli sms degli indagati fino al coltello rinvenuto nella stanza dell'Hotel Le Meridien).

L'OMICIDIO DI MARIO CERCIELLO REGA

Era il 26 luglio scorso quando il vicebrigadiere morì dopo l'aggressione nel quartiere Prati a poche centinaia di metri dall'albergo dove i due americani alloggiavano. Il vicebrigadiere, quella notte, insieme al collega Andrea Varriale andò in via Pietro Cossa per recuperare la borsa che i due ragazzi avevano portato via a Sergio Brugiatelli, 'intermediario' con i pusher che a Elder e Hjorth diedero tachipirina al posto di droga. I due giovani americani dopo il furto dello zaino avevano organizzato, infatti, un 'cavallo di ritorno' per incontrare gli spacciatori e riavere soldi e droga. All'appuntamento però si presentarono i due carabinieri e Cerciello morì sotto le coltellate inferte da Elder.

LA FOTO E IL VIDEO IN CASERMA: AMERICANO BENDATO 

La vicenda, chiara nelle dinamiche riscontrate e nel suo sviluppo investigativo, è stata segnata anche da polemiche per alcune foto e un video in cui Christian Gabriel Natale Hjorth, poco dopo essere stato fermato dai carabinieri, appare bendato e con le mani dietro la schiena in caserma. Come si è poi appreso, il video è stato girato dal collega del militare dell'Arma ucciso, Andrea Varriale.

Consegnato in Procura da Varriale stesso pochi giorni dopo l'omicidio, è stato depositato agli atti nell'ambito del fascicolo di indagine che riguarda l'episodio del bendaggio di Hjorth e che vede coinvolti due carabinieri. Varriale, che non è indagato per questa vicenda, ha detto di aver filmato la scena per esigenza investigativa: il video, che non è stato diffuso dal carabiniere, doveva servire a registrare la voce del fermato e confrontarla con quella ascoltata per telefono nella trattativa col mediatore dei pusher, Sergio Brugiatelli, al quale Hjorth e Elder avevano rubato lo zaino. Per quanto avvenuto nella caserma poco dopo il fermo sia la Procura ordinaria che quella militare a dicembre hanno chiuso le indagini. A rischiare il processo a piazzale Clodio sono due carabinieri che hanno avuto nella vicenda ruoli diversi: Fabio Manganaro per aver bendato l'americano, accusato ora di misura di rigore non consentita dalla legge e Silvio Pellegrini per abuso di ufficio e per pubblicazione di immagini di persona privata della libertà per aver scattato la foto del giovane californiano e averla poi diffusa. Sul fronte della procura militare e in relazione alla diffusione dello scatto a Silvio Pellegrini è stato notificato un avviso di conclusione delle indagini per l'accusa di 'divulgazione di notizie segrete o riservatè, il reato relativo all'art.127 del codice penale militare di pace.
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