Carabiniere ucciso, parla il collega che ha scattato la foto dellʼarrestato legato e bendato: «Era per una chat interna»

Carabiniere ucciso, parla il collega che ha scattato la foto dellʼarrestato legato e bendato: «Era per una chat interna»
Carabiniere ucciso, parla il collega che ha scattato la foto dellʼarrestato legato e bendato: «Era per una chat interna»
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Martedì 27 Agosto 2019, 16:47

Non doveva essere pubblicata, ma era riservata a una chat WhatsApp di soli carabinieri, la foto in cui appare Chistian Gabriel Natale Hjorth, uno dei due americani arrestati per l'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, con la bandana sugli occhi e le mani legate in una stanza della caserma di via In Selci.

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È quanto sostiene il militare che ha scattato la foto in una memoria difensiva consegnata oggi ai pm di Roma dall'avvocato Andrea Falcetta, che chiede l'interrogatorio del suo assistito, indagato per rivelazione di segreto d'ufficio.

A diffondere la foto sarebbe stato invece un altro militare, che ne sarebbe venuto in possesso pur non appartenendo al gruppo di WhatsApp. 

Nella memoria, il militare - un maresciallo della Compagnia carabinieri Roma centro, amico di Rega - sottolinea di aver appreso dell'omicidio intorno alle 5.40 del 27 luglio dalla telefonata di un collega. Aggiunge di aver partecipato alle ricerche dei responsabili, su ordine del proprio comandante di Compagnia, e spiega di come «a caldo» si
fosse diffusa la falsa notizia che gli aggressori fossero due magrebini, pregiudicati per droga.

Quindi riferisce di come, dai minuti successivi alla morte di Cerciello, «centinaia di messaggi e di foto di pregiudicati» vennero scambiate in un gruppo WhatsApp composto da 18 carabinieri, tra cui lui stesso, tutti con incarichi operativi, di varie regioni italiane. Obiettivo: aiutare le indagini, fornendo gli identikit di
spacciatori, scambiando dati sensibili riguardanti i possibili sospettati (ritenuti ancora di origine magrebina), aggiornarsi reciprocamente sugli sviluppi delle indagini.


Quando i due americani vennero arrestati, la notizia fu subito condivisa sulla chat. Lo stesso maresciallo li condusse, insieme ad altri militari, nella caserma di via In Selci: in questo frangente riportò anche delle ferite al volto perche colpito dalle testate di uno dei due giovani. Lo stesso arrestato, secondo la ricostruzione del maresciallo, avrebbe continuato a dare testate anche in caserma e quindi venne bendato - non dal sottufficiale, ma da un altro carabiniere - condotta che sarebbe stata approvata dai due ufficiali presenti, secondo cui si sarebbe trattato di un legittimo e proporzionato utilizzo di «strumenti di contenimento» per evitare che il
giovane facesse male agli altri e a se stesso.

Nella memoria difensiva il maresciallo parla poi dell'interrogatorio del fermato che, «come chiaramente affermato
dal procuratore generale Giovanni Salvi, si svolse con ogni garanzia di legge». Nel frattempo il giovane si era calmato e «già da tempo era stato liberato dalla benda». Prima, però, il maresciallo scattò la foto per la quale è
indagato, e la condivise nella chat («sapendola riservata unicamente a Carabinieri»), sia per «rassicurare tutti» che i
due erano stati arrestati, sia per «far notare che l'informazione inizialmente fornita dal partner di Mario (sulla
nazionalità degli aggressori - ndr) era totalmente inesatta».

La foto, poi, sostiene il maresciallo, è stata «inopinatamente consegnata alla stampa da altro Carabiniere, quasi certamente non partecipante alla chat, che sarebbe già stato individuato dai vertici dell'Arma».

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