Donna stuprata in strada a Milano, trovato il dna dell'aggressore 14 anni dopo

Donna stuprata in strada a Milano, trovato il dna dell'aggressore 14 anni dopo
Donna stuprata in strada a Milano, trovato il dna dell'aggressore 14 anni dopo
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Sabato 16 Gennaio 2021, 20:05 - Ultimo aggiornamento: 21:05

Quel dna trovato su alcuni mozziconi di sigaretta è rimasto chiuso in un cassetto per 14 anni. Sino a quando la Banca Dati Nazionale ha accertato una corrispondenza con quello estrapolato sul tampone salivare fatto a un detenuto nel carcere di San Vittore. La genetica ha così permesso di riaprire il caso di una donna, violentata e rapinata in strada a Milano mentre si recava al lavoro, e di accusare un cittadino algerino di 49 anni di violenza sessuale e rapina.

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La ricostruzione

Erano le 6 del mattino eppure faceva già caldo quel 20 agosto 2006, l'estate dell'Italia campione del mondo, quando al pronto soccorso della clinica Mangiagalli si presentò una 41enne sotto choc, gli abiti fuori posto e le lacrime a rigarle il volto.

Stava raggiungendo a piedi la fermata del bus, per recarsi al lavoro in una Milano ancora in vacanza, quando un uomo l'avvicinò per chiederle l'ora. Un pretesto per afferrarla per le braccia, tapparle la bocca e trascinarla in un'area dismessa di viale Umbria. Minacciata con una grossa pietra, venne costretta a spogliarsi, violentata e rapinata di soldi, cellulare e catenina d'oro.

Sul luogo della violenza, i carabinieri trovarono il sasso utilizzato come arma, un cappello nero e alcuni mozziconi di sigaretta. Reperti subito inviati per gli accertamenti al Ris di Parma, che riuscirono a ricavare un profilo di Dna maschile, lo stesso emerso dalle tracce biologiche sul tampone vaginale della vittima. L'autore della violenza rimase però senza nome, non essendo emersi ulteriori elementi utili a identificarlo. E l'inchiesta venne archiviata.

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La svolta

Fino allo scorso 30 novembre, 14 anni, tre mesi e 10 giorni dopo la violenza, quando il Ris di Parma ha comunicato che la Banca Dati Nazionale Dna, istituita nel 2009 ma operativa soltanto dal gennaio 2017, ha accettato il cosiddetto «match» tra il profilo di Dna maschile tipizzato sui reperti rinvenuti sulla scena del crimine e quello estrapolato dal tampone salivare di un detenuto di San Vittore. È la svolta che permette alla procura di riaprire l'indagine dei carabinieri, coordinata dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal sostituto procuratore Alessia Menegazzo. E di chiudere il cold case con la notifica in carcere dell'ordinanza di custodia cautelare all'uomo, un senza fissa dimora, irregolare in Italia e con precedenti per reati contro il patrimonio e la persona.

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