Al sud si muore di più: «+5% per cancro e malattie». E uno su cinque non ha soldi per curarsi

Al sud si muore di più: «+5% per cancro e malattie». E uno su cinque non ha soldi per curarsi
Al sud si muore di più: «+5% per cancro e malattie». E uno su cinque non ha soldi per curarsi
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Giovedì 19 Aprile 2018, 12:36
In soli 10 anni, ovvero nel 2028, si registrerà in Italia una popolazione anziana non autosufficiente pari a 6,3 milioni di persone. La proiezione è del Rapporto Osservasalute 2017: nel 2028, tra gli over-65 le persone non in grado di svolgere le attività quotidiane per la cura di se stessi (dal lavarsi al mangiare) saranno circa 1,6 mln (100 mila in più rispetto a oggi), mentre quelle con problemi di autonomia (preparare i pasti, gestire le medicine e le attività domestiche) arriveranno a 4,7 mln (+700 mila). Ciò, avverte il Rapporto, porrà «seri problemi per l'assistenza».

Il trend, sottolinea il Rapporto - pubblicato dall'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, che ha sede presso l'Università Cattolica, e coordinato dal presidente dell'Istituto superiore di sanità Walter Ricciardi e dal direttore scientifico dell'Osservatorio Alessandro Solipaca - è delineato «considerando l'andamento demografico di invecchiamento e gli attuali tassi di disabilità, ma i dati potrebbero rappresentare una sottostima del problema». «Ci troveremo di fronte a seri problemi per garantire un'adeguata assistenza agli anziani - avverte Solipaca - in particolare quelli con limitazioni funzionali (che non sono autonomi), perché la rete degli aiuti familiari si va assottigliando a causa della bassissima natalità che affligge il nostro Paese da anni e della precarietà dell'attuale mondo del lavoro che non offre tutele ai familiari caregiver».

Più in generale, l'indagine segnala come diminuisca il numero degli abitanti in Italia, con oltre 1 italiano su 5 che ha più di 65 anni: attualmente sono 6,6 mln i 65-74enni (10,9% con un picco del 12,7% in Liguria), 4,8 mln i 75-84enni, 2 mln gli over-84 (con le donne che rappresentano la maggioranza, ovvero il 68%). Continuano invece a calare gli ultracentenari: al gennaio 2017, meno di 3 residenti su 10mila hanno 100 anni e oltre e le donne sono le più numerose. Attualmente, ben il 30,3% degli ultrasessantacinquenni ha molta difficoltà o non è in grado di usare il telefono, prendere le medicine e gestire le risorse economiche, preparare i pasti, fare la spesa e svolgere attività domestiche, leggere, svolgere occasionalmente attività domestiche pesanti. Tali prevalenze si attestano al 13% nella classe di età 65-74 anni, al 38% per gli anziani tra i 75-84 anni e al 69,8% tra gli ultra ottantacinquenni. Da ciò, rileva il Rapporto, «si evince una richiesta di aiuto e una difficoltà di gestione della quotidianità».

AL SUD SI MUORE DI PIÙ, +5-28% PER CANCRO E MALATTIE In Italia si muore meno per tumori e malattie croniche ma solo dove la prevenzione funziona, ovvero principalmente nelle regioni settentrionali. Al Sud, invece, la situazione è opposta: il tasso di mortalità per queste malattie è infatti maggiore di una percentuale che va dal 5 al 28% e la Campania è la regione con i dati peggiori. A sottolinearlo è il direttore scientifico dell'Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni italiane, Alessandro Solipaca, in occasione della presentazione del Rapporto Osservasalute.

UNA PERSONA SU 5 AL SUD DICHIARA DI NON AVERE SOLDI PER CURE Nel sud Italia una persona su cinque dichiara di non aver soldi per pagarsi le cure, quattro volte la percentuale osservata nelle regioni settentrionali. Il dato è evidenziato dal Rapporto Osservasalute. Gli esiti di salute, «in particolare la mortalità prevenibile attraverso adeguati interventi di Sanità Pubblica - si legge nel Rapporto - sono drammaticamente più elevati al Sud. La Campania, e in particolare la Calabria, sono le regioni che nel quadro complessivo mostrano il profilo peggiore».

Si evidenziano dunque, avverte l'indagine, «situazioni di buona copertura dei sistemi sanitari nelle regioni del Centro-Nord, mentre per il Meridione appare urgente un forte intervento in grado di evitare discriminazioni sul piano dell'accesso alle cure e dell'efficienza del sistema». Il Rapporto sottolinea che la spesa out of pocket (da parte dei cittadini) per la salute, negli ultimi anni è aumentata, mediamente, di circa l'8,3% (2012-2016) ma in maniera disuguale nel Paese. L'aumento è stato elevato nelle regioni del Nord, nel Centro i valori di tale spesa sono stati costanti, mentre sono diminuiti nelle regioni meridionali.

Nel decennio 2005-2015 «si è osservato un netto incremento della spesa privata (+23,2%, da 477,3 euro pro capite a 588,1), soprattutto nelle regioni del Nord. Tali regioni si contraddistinguono per alti livelli di spesa pubblica pro capite, buoni livelli di erogazione dei Livelli essenziali di assistenza Lea e quote basse di persone che rinunciano alle cure». Tale evidenza può essere interpretata, sottolinea il direttore scientifico dell'Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni Alessandro Solipaca, «come il risultato di scelte individuali di cittadini che, avendo la possibilità economica, preferiscono rivolgersi al settore privato, ottenendo un servizio più tempestivo o di migliore qualità. D'altra parte non va dimenticato che spesso la compartecipazione alla spesa richiesta dal settore pubblico è confrontabile con la tariffa del privato».

Si osserva che a guidare la classifica delle regioni con la spesa privata pro capite più alta troviamo la Lombardia (608?), l'Emilia-Romagna (581?) e il Friuli Venezia Giulia (551?), che vantano anche strutture sanitarie pubbliche con standard qualitativi più elevati rispetto alle altre regioni.
Calabria (274?), Campania (263?) e Sicilia (245?) chiudono questa graduatoria. Confrontando la situazione italiana con il contesto europeo, l'Italia è 13/ma in termini di quota di spesa out of pocket e 7/ma con la quota più alta di persone che dichiarano di aver rinunciato a una prestazione sanitaria di cui avevano bisogno, quasi il doppio della media dell'UE. 
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