Protagonisti alla Scala: l'attualità di Tosca in Salsi-Scarpia e Meli-Cavaradossi

Protagonisti alla Scala: Salsi-Scarpia e Meli-Cavaradossi
Protagonisti alla Scala: Salsi-Scarpia e Meli-Cavaradossi
di Rita Vecchio
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Martedì 3 Dicembre 2019, 08:15 - Ultimo aggiornamento: 19:24

L'intervista a Luca Salsi (barone Scarpia)

Ruffiano, disonesto, elegante. Un perverso all’italiana, lo hanno definito. È il Barone Scarpia, il personaggio di Tosca di Puccini, opera che inaugura la Scala. A dargli voce, il baritono Luca Salsi: 44 anni e successi in tutto il mondo, interpretando tanto Verdi, tant’è che ama definirlo il suo «principale datore di lavoro». Al suo secondo 7 dicembre, tornerà in Scala con Un ballo in maschera e La Gioconda. «È un anno scaligero il mio, con 33 recite. Dice che i milanesi si stancheranno di me?». 
 

 


Non credo proprio. Come sarà il suo Scarpia?
«Crudele e irruente. Ma nobile. Lui era un barone siciliano. Bel portamento, educato, uno che parla sottovoce. Con il maestro Chailly abbiamo rispettato le note di Puccini, togliendo qualche esagerazione che la drammaticità porta a fare». 

Quanto è attuale? 
«Personaggi come lui sono sempre attuali».

Come è andata con il corteo di suore?
«Bene, non cantano però (scherza, ndr). L’idea di metterle in scena è di Livermore: metà suore e metà diavole, una in particolare sarà una specie di colf per Scarpia».

É sempre dell’idea che nei teatri il problema sono i direttori e non le voci?
«Sì. Tolti quei pochi - tra cui Muti e Chailly, Mariotti e Mehta, Gergiev - mancano i veri direttori. Oggi non c’è più la voglia di studiare, di fare prove in sala in pianoforte, di approfondire».

Ci fu clamore mediatico quando nel 2015 al MET di NY il pomeriggio sostituì Plácido Domingo in Ernani e la sera cantò nella Lucia di Lammermoor.
«Sembra che la mia carriera sia nata lì, ma giravo da anni i teatri di tutto il mondo. Fare due opere nello stesso giorno era successo anche a Roger Parker negli anni Cinquanta».

A proposito di Domingo che il 15 dicembre sarà in Scala per i 50 anni dal suo debutto in questo Teatro, cosa pensa della bufera di accuse sulle presunte molestie?
«Preferisco non rispondere. Dico solo che è dal ’97 che faccio questo mestiere e non mi è mai successo di vedere situazioni di donne in difficoltà. Anzi, lo conosco per la sua gentilezza e professionalità. Spero che sia ricordato per il grandissimo artista che è e che è stato». 

Un aneddoto divertente della prova generale?
«Scena finale. Tosca che è Anna Netrebko (con la sua straordinaria esuberanza) mi pugnala una sacco di volte. Ecco, mi sono raccomandato di fare piano e di non farmi morire in scena (ride, ndr)».

L'intervista a Francesco Meli (il pittore Cavaradossi)

Interpretando il pittore Mario Cavaradossi, esordisce con Puccini alla Scala. Francesco Meli, 39 anni, verdiano per antonomasia, amante della sua città Genova, è al terzo 7 dicembre (di cui due con Riccardo Chailly). Alla Scala tornerà come Manrico ne Il trovatore e Enzo ne La Gioconda sempre con Livermore. Con la moglie Serena Gamberoni, soprano, è il nuovo Ambassador di Make a wish Italia, la Onlus che esaudisce i desideri dei bimbi malati.

Come sarà il suo Cavaradossi? 
«Seguirà le indicazioni chiare di Puccini. Metronomi, ritmi, colori. Diretti magistralmente dal maestro Chailly. Così facendo viene fuori un carattere musicale e drammaturgico straordinario. Puccini è verista nella sua scrittura visiva. Cavaradossi è legato al Belcanto, all’800, al romanticismo. É un sognatore, un innamorato, un artista. È uno che abbraccia la causa degli anti monarchici. Che entra nel turbine rivoluzionario senza averne l’ambizione». 

Quanto è attuale? 
«Oggi sarebbe una mosca bianca. Autentico, coraggioso, giusto. Che non si vende al più forte. Che accetta le torture e difende le persone».

Come è lavorare con Livermore?
«Sempre molto bello. Il risultato dello spettacolo è monumentale. Lo conosco dal 2002, e sempre con lui ho fatto la mia prima Tosca nel 2016, al Carlo Felice di Genova. Certo qui, alla Scala, è tutto all’ennesima potenza. Un primo atto 3D, la magnificenza del Sant’Andrea della Valle, i movimenti scenici dinamici. E poi la regia. Perché quando si ha a che fare con Livermore, ci si deve mettere il cuore in pace: i personaggi devono prendere vita». 

E con Tosca e con Scarpia?
«Ci conosciamo da anni.
Con Anna (Netrebko, ndr) ho sempre lavorato molto bene, un sodalizio proficuo lo definirei. Con Luca (Salsi, ndr) che dire? È il padrino del mio ultimo figlio. È bello essere in palcoscenico con loro». 

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