Tiziana Siciliano, la pm "assolve" Marco Cappato per il suicidio assistito di Dj Fabo: "Diritto alla dignità della morte"

Tiziana Siciliano, la pm "assolve" Marco Cappato per il suicidio assistito di Dj Fabo: "Diritto alla dignità della morte"
Tiziana Siciliano, la pm "assolve" Marco Cappato per il suicidio assistito di Dj Fabo: "Diritto alla dignità della morte"
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Mercoledì 17 Gennaio 2018, 12:47 - Ultimo aggiornamento: 22:57
«Io mi rifiuto. Sono il rappresentante dello Stato, ma lo stato è anche Cappato. Rappresento lo Stato laddove non è stata applicata la legge, ma qui è diverso»Parole forti, commoventi, che hanno aperto il cuore degli italiani, quelle pronunciate dal Procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, che rappresenta l'accusa nel processo a Marco Cappato per suicidio assistito di Dj Fabo.
 




Fabiano Antoniani
aveva diritto a scegliere una morte dignitosa e se avesse potuto «muoversi liberamente per trenta secondi» avrebbe messo fine alle sue sofferenze da solo. Invece, cieco, paralizzato, in nome di quel «diritto alla dignità della morte», che non è un «diritto al suicidio», è stato aiutato da Marco Cappato.

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Così oggi la Procura ha chiesto alla Corte d'Assise di Milano, che si pronuncerà il 14 febbraio, l'assoluzione «perché il fatto non sussiste» dell'esponente dei Radicali che, per volere di un gip, si è visto respingere una richiesta di archiviazione e formulare una imputazione coatta: non solo ha dato un aiuto materiale al suo suicidio ma ha anche «rafforzato la volontà» di Dj Fabo di praticare in una clinica Svizzera la dolce morte.
 


E questo per averlo accompagnato, lo scorso febbraio, da Milano fino alla clinica Dignitas, vicino a Zurigo. Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e Sara Arduni, nella loro requisitoria, che in parte ha ricalcato la precedente istanza di archiviare il caso, hanno proposto in subordine di eccepire l'illegittimità costituzionale dell'articolo 580 del codice penale, quello incasellato con il nome 'Istigazione o aiuto al suicidio'.

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Il pm Sara Arduini, dopo aver ripercorso la drammatica vicenda dell'allora disc jockey 40enne, ha sottolineato la sua «fortissima e granitica volontà di morire». Ricordando i racconti della mamma Carmen e della fidanzata Valeria, tutte e due in aula commosse, ha ricordato che Fabiano, «lo chiamo affettuosamente così», aveva deciso ancor prima di conoscere Cappato. Il quale «non ha in alcun modo rafforzato il suo proposito ma lo ha solo rispettato. Anzi lo ha addirittura ritardato cercando di coinvolgerlo nella sua lotta politica per tentare di dargli una nuova prospettiva di vita».



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Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, che ha portato come 'prove' un bagaglio di norme e sentenze italiane e europee ed anche 'Utopia' di Tommaso Moro ("Cinquecento anni fa nella città ideale si diceva che se la sofferenza umana è intollerabile vi è un diritto a interromperla dietro il prudente controllo del sacerdote e del magistrato"), riferendosi alle condizioni di Dj Fabo, ha domandato con una citazione letteraria 'Se questo è un uomo'.

 


Poi nello spiegare che il compito del pm dovrebbe essere l'avvocato dell'accusa, ha aggiunto: «Io mi rifiuto. Sono il rappresentante dello Stato, ma lo stato è anche Cappato. Rappresento lo Stato laddove non è stata applicata la legge, ma qui è diverso».



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Questo per arrivare a concludere che l'imputato è accusato di «avere aiutato qualcuno a esercitare un suo diritto. Non il diritto al suicidio ma il diritto alla dignità» - che ha portato Fabiano a scartare l'interruzione delle cure - sottolineando di non volere che «i nostri ragionamenti siano interpretati come un 'liberi tutti al suicidio'».



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E se Cappato non dovesse essere assolto la richiesta, provocatoria, è stata quella di trasmettere gli atti in Procura per l'apertura di una nuova indagine nei confronti di tutti coloro che hanno dato un supporto a Dj Fabo, compresi madre e fidanzata e persino «il portinaio del suo palazzo che quella mattina ha tenuto la porta aperta per far passare la sedia a rotelle e lo ha salutato» prima del suo viaggio in Svizzera.



Sulla stessa linea le difese che, nella loro arringa hanno sostenuto che il leader dell'Associazione Luca Coscioni «non è colpevole» ed è intervenuto solo quando la volontà del 40enne era già chiara: «ha arrestato una condotta illecita dello Stato mirata a negare a Fabo l'esercizio dei suoi diritti». Infine l'imputato, con il suo appello in aula: «Se dovesse arrivare un'assoluzione che definisce irrilevanti le mie azioni, mentre sono stati determinanti, vi dico che preferirei una condanna. Questa motivazione aprirebbe la strada a qualcosa che nessuno può volere: si accetterebbe che solo chi è in grado di raggiungere la Svizzera può essere libero di scegliere».

 
 
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