Tutti i partecipanti ai funerali di Stefania Pivetta e Giulia Maja, madre e figlia di 56 e 16 anni, uccise da Alessandro Maja il 4 maggio scorso a Samarate (in provincia di Varese), hanno potuto firmare le bare, poste sul sagrato della chiesa, al termine della cerimonia. Una scelta della famiglia Pivetta, per l'estremo saluto alle due vittime del duplice omicidio di un papà e marito, ancora senza un vero movente.
«Tutto ciò che ci è successo ci è caduto addosso come un macigno, abbiamo sentito tre coltellate nel petto, una per Stefi, una per Giulia e quella più dolorosa per Nicolò».
Centinaia di persone hanno partecipato nella chiesa della Santissima Trinità di Samarate (Varese) ai funerali. La bara bianca per Giulia, i fiori gialli, i palloncini, familiari e amici, compagni di scuola e insegnanti, silenziosamente sono arrivati sul sagrato della chiesa assieme al sindaco di Samarate Enrico Puricelli, alla vicepresidente di Regione Lombardia Francesca Brianza, e al presidente della Provincia Emanuele Antonelli e i sindaci di Ferno e Cassano Magnago, Filippo Gesualdi e Nicola Poliseno. «Aveva una gran voglia di vivere, era molto attaccata ai suoi figli e anche al marito», ha detto la cugina di Stefania prima dell'inizio della cerimonia funebre, «non ci sono parole per quello che è accaduto». «Dobbiamo avere paura di noi stessi. Perché il male è arrivato così in profondità nell'ambito famigliare e tu non hai fermato la sua mano?», ha detto il parroco di Samarate don Nicola Ippolito. «Non abbiamo risposte, ma siamo aggrappati a quella croce, che non è l'ultimo atto, perché noi sappiamo che il Cristo è risorto e che ritroveremo Giulia e Stefania»