Robinho condannato per stupro, la Procura di Milano chiede l'estradizione dal Brasile

Robinho condannato per stupro, la Procura di Milano chiede l'estradizione dal Brasile
Robinho condannato per stupro, la Procura di Milano chiede l'estradizione dal Brasile
di Giammarco Oberto
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Martedì 1 Febbraio 2022, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 07:21

D’ora in poi Robson de Souza Santos, in arte Robinho, oggi 38enne, deve fare attenzione a scegliere le vacanze: se lascia il Brasile e andasse in Italia - o un Paese che prevede l’estradizione - potrebbe ritrovarsi con le manette ai polsi. È partita in Procura a Milano la procedura per chiedere l’estradizione dell’ex attaccante brasiliano del Milan, ormai da anni tornato in patria, che lo scorso 19 gennaio è stato condannato definitivamente dalla Cassazione a nove anni di carcere per violenza sessuale di gruppo: la notte del 22 gennaio 2013 insieme a un amico, anche lui condannato a nove anni, aveva violentato una ragazza albanese di 23 anni in un locale di Milano. Il Brasile però non estraderà il calciatore: la Costituzione federale del paese sudameriano la vieta per i propri cittadini. Ma in tutti i terminali dell’Interpol al nome di Robson de Souza Santos sarà associato il mandato di arresto firmato dalla procura di Milano.

La Suprema Corte ha confermato i nove anni di carcere (decisi dalla Corte d’appello milanese il 10 dicembre 2020) per Robinho e per un suo amico, Ricardo Falco, anche lui brasiliano, per violenza sessuale di gruppo. Avevano partecipato alla violenza anche altri quattro uomini, ma le indagini non sono mai riuscite ad accertare chi fossero.

Lo stupro di gruppo era avvenuto al Sio Cafè di via Temolo, il 22 gennaio 2013. La vittima è una ragazza albanese, che quella sera stava festeggiando il suo compleanno con le amiche. Secondo le indagini, il calciatore era uscito per accompagnare a casa la moglie per poi tornare a raggiungere gli amici. Nel processo di primo grado il pm Stefano Ammendola ha sostenuto che gli uomini avevano offerto da bere alla giovane fino a che «divenne incosciente e incapace di opporsi». A quel punto era stata trascinata di peso nel guardaroba del locale, e qui a turno il gruppo l’aveva violentata. Nel frattempo Robinho era tornato in Brasile, ingaggiato dal Santos, che però proprio per questa vicenda gli aveva sospeso il contratto.

Nelle motivazioni della sentenza d’appello i giudici hanno scritto che l’ex talento rossonero e i suoi “complici” hanno manifestato «particolare disprezzo» nei confronti «della vittima che è stata brutalmente umiliata» e hanno «da subito cercato di sviare le indagini offrendo agli inquirenti una versione dei fatti falsa e previamente concordata».

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