Il Covid rallenta anche nelle scuole, del resto ormai mezze vuote. Ma i numeri dei contagi tra i banchi - nonostante le superiori, le seconde e le terze medie studino a distanza - riflettono ancora l’emergenza: soltanto la scorsa settimana (dato aggiornato a domenica) sono 15.000, fra bambini, insegnanti e operatori, messi in quarantena per 14 giorni, nell’ambito di nidi, materne, elementari e prime medie di pertinenza dell’Ats Città Metropolitana. E i nuovi positivi, in sette giorni, sono 1946 (278 segnalazioni al giorno).
«Rileviamo una diminuzione del 30% dei casi registrati in ambito scolastico rispetto le scorse settimane», evidenzia Marino Faccini, responsabile della Struttura profilassi malattie infettive dell’Ats Milano, a capo della squadra di contact tracer, i cacciatori di positivi. «È merito della didattica a distanza - spiega – e, in ambito più generale, delle misure restrittive adottate nella zona rossa. Perché il grosso numero di casi, prima del lockdown soft, rispecchiava l’incontrollata circolazione del coronavirus nel territorio milanese». Gli alunni più colpiti sono quelli delle elementari, anche se, almeno in parte, si tratta della coda dei vecchi contagi: per vedere in toto gli effetti reali della zona rossa, in vigore dal 6 novembre, deve trascorrere almeno questa settimana.
Secondo l’Ats, «non c’è comunque contezza che insegnanti e studenti si infettino in aula, dove peraltro indossano la mascherina».
La strategia delle classi “bolla”, dove gli alunni non hanno contatti con altri gruppi, ha rallentato la pandemia, anche se da inizio anno scolastico circa 65mila bimbi dell’area metropolitana sono finiti almeno una volta in quarantena. La didattica in presenza resta ancora il grande tema della seconda ondata e l’idea di riportare in aula i ragazzi più grandi, in questa fase delicata, è un dilemma che divide genitori e politici. Lo stesso Faccini invoca «ancora prudenza».