«Rischio cancro e risonanza urgente? Torni a ottobre o vada in una clinica».

«Rischio cancro e risonanza urgente? Torni a ottobre o vada in una clinica»
«Rischio cancro e risonanza urgente? Torni a ottobre o vada in una clinica»
di Simona Romanò
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Lunedì 17 Giugno 2019, 07:17 - Ultimo aggiornamento: 10:30

Deve fare un esame entro 10 giorni. Una risonanza magnetica. Con urgenza, perché è un paziente oncologico. Ma negli ospedali pubblici gli hanno prospettato un’attesa di cinque mesi prima di poter fare l’esame. O in alternativa andare in una clinica privata e farlo subito, pagando una parcella di 500 euro. Succede in Lombardia, dove la sanità regionale è un’eccellenza nel panorama italiano. Succede nel capoluogo, Milano. Lui si chiama Claudio. Ha 59 anni, sposato, padre di tre figli. Un uomo benestante, distinto e di cultura, musicista e docente di musica. Preferisce mantenere l’anonimato, perché quello che racconta non lo fa per sé, ma per scoperchiare un caso. E racconta la sua storia a Leggo.

Nonostante abbia in mano, da lunedì scorso, la ricetta del medico di base per una “prestazione da erogarsi in tempi brevi, non oltre i 10 giorni” (contraddistinta dalla lettera B) non è riuscito a prenotare in nessun ospedale della città entro il termine. Il primo appuntamento con il sistema sanitario lombardo glielo hanno dato per ottobre. Così si è rivolto, privatamente, alla clinica Columbus, dove si recherà mercoledì. Costo? Più di 500 euro. Claudio ha scoperto di essere malato di tumore maligno al rene 12 anni fa. Da allora, dopo l’operazione e i trattamenti, è periodicamente sotto controllo per scongiurare ricadute. «La settimana scorsa – spiega – dall’annuale accertamento emergono dei problemini alla prostata e l’urologo della San Giuseppe dispone una risonanza per escludere il peggio, poi, prescritta dal medico di famiglia». Da allora, l’odissea. Oltre alla preoccupazione per il referto, Claudio deve subire una lista di attesa troppo lunga. Soprattutto per lui. Perché anche se il brutto male è stato superato, deve stare attento ad ogni campanello d’allarme. Da un lato l’ansia per un possibile ritorno della malattia; dall’altro, la ricerca spasmodica di un centro che effettui l’esame.

«Telefono al Cup (il centro unico prenotazioni, ndr) - prosegue - e un operatore sentenzia che l’unico posto dove loro potevano indirizzarmi era il Policlinico ma che ci dovevo pensare io a contattarli. E così ho fatto. E l’ho fatto anche per le altre strutture. Fra lunedì e martedì ho contattato nove ospedali, dal Padiglione Sacco del Policlinico, al Niguarda, ma la risposta è stata unanime: zero posti. Dicono che devono soddisfare prima le richieste dei pazienti interni». Si slitta a ottobre. Per un esame che dovrebbe essere fatto entro 10 giorni, a Milano, un malato oncologico aspetta fino a 150 giorni. «I miei controlli sono a scopo preventivo, salvavita – aggiunge Claudio - non posso attendere. E se fosse il peggio…». È sconcertato: «Io ho la fortuna di poter spendere 500 euro, ma per chi non può rivolgersi al privato è un dramma. Verifico di persona che la sanità in Lombardia sta peggiorando con pesanti problemi per i tempi di attesa, a volte inaccettabili».

Claudio non nasconde, pur mantenendo contegno e gentilezza, la rabbia: «Il sistema sanitario nazionale pone delle direttive, inserendo dei parametri per le attese, e la Regione li deve rispettare.

Tutti devono avere la possibilità di curarsi. Lo capisce soprattutto chi ha affrontato un calvario come il mio. Ed io sono tra i fortunati»

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