Ripartenza a metà per bar e ristoranti. «Un locale su due, a Milano, non aprirà da lunedì, perché non ha spazi all’aperto». È l’allarme lanciato da Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio. In base alle nuove regole del governo, la possibilità per i ristoratori milanesi di alzare le saracinesche dal 26 aprile - se la Regione sarà gialla, ed è quasi certo che lo sarà - passa dai tavolini a cielo aperto. Solo lì si torna a mangiare, a bere un caffè o un cocktail. Non al chiuso, almeno fino al primo giugno. Tanto che la corsa ai dehors “temporanei” è ricominciata in grande stile da cinque giorni.
PROTESTE. «I nuovi provvedimenti penalizzano la metà dei locali milanesi, creando un fortissimo disequilibrio», denuncia Fabio Acampora, vicepresidente dell’associazione dei pubblici esercizi di Milano (Epam) e titolare di otto locali, fra ristoranti e lounge bar. Non solo. «I titolari che hanno posti a sedere all’esterno devono valutare se, economicamente, riescono a lavorare in queste condizioni. Se sono più le spese che le entrate, fra dipendenti, materie prime, bollette da pagare», prosegue Acampora. Che si sofferma anche sulla questione climatica, «perché a Milano non si mangia all’aria aperta prima di giugno, fra brutto tempo e temperature non ancora miti». Il rischio, quindi, è che molti esercenti aspetteranno, colpiti nello stato d’animo e nel portafoglio. «È il momento di rimboccarsi le maniche, ma tutti devono essere messi nelle condizioni di poterlo fare», ribadisce Barbieri. È il grido di protesta di molti ristoratori che non hanno la possibilità di montare i dehors, neppure con le maglie allargate del regolamento di Palazzo Marino.
CORSA DEHORS. Un anno fa avevano rappresentato un aiuto dopo il primo lockdown.
PROPOSTA. «Aprire fino le 18 anche all’interno per due settimane così da monitorare l’andamento dei casi per poi, a metà maggio, prolungare il servizio fino le 22; per arrivare, in estate, al posticipo del coprifuoco almeno fino alla mezzanotte».