A 14 e 15 anni lo avevano ucciso a coltellate sotto i portici delle case popolari di via Fiume, a Monza, in una fredda giornata di novembre. E poi si erano giustificati con le forze dell'ordine dicendo che era una vendetta perché, a causa sua, erano entrati nel mondo della dipendenza da droga.
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Ma dopo cinque mesi i carabinieri del nucleo investigativo di Monza hanno riannodato tutti i fili che da quei due baby killer conducevano fino al mandante dell'omicidio.
Il carcere arriva dopo i racconti di diverse famiglie del quartiere, convocate nei mesi scorsi in caserma e in Procura che hanno permesso di ricostruire le fasi del delitto. Astio e debiti di droga avrebbero creato le condizioni per l'uccisione di Sebastiano, una vita a lottare contro la tossicodipendenza, e già noto alla giustizia per spaccio. Secondo quanto emerso dalle indagini Gambino è ritenuto dagli inquirenti il presunto «concorrente morale, istigatore e agevolatore» del delitto. Lui, come i due minori, era in debito con la vittima per l'acquisto di stupefacenti per qualche centinaio di euro e «avrebbe cavalcato l'onda emotiva» dei due ragazzini, spingendoli ad aggredire Sebastiano, con la presunta promessa di un migliaio di euro a testa.