Lodo Guenzi: «Quando salgo sul palcoscenico mi sento il figlio di Paolo Rossi»

Lodo Guenzi: «Quando salgo sul palcoscenico mi sento il figlio di Paolo Rossi»
di Ferruccio Gattuso
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Lunedì 12 Luglio 2021, 06:00

Le strade artistiche di Lodo Guenzi sono state (e sono) molte, come se gli si fosse rovesciata addosso una tavolozza di opportunità colorate. Se le porta tutte addosso, come un Arlecchino dello spettacolo. Teatro, musica, televisione, cinema, e dunque frontman dello Stato Sociale, attore, reduce da due Festival di Sanremo, ex giudice di X Factor e soprattutto autore tra palcoscenico e musica. Questa sera al Teatro Franco Parenti l’artista bolognese porta il monologo “Uno spettacolo divertentissimo che non finisce con un suicidio”, sprazzi di autobiografia reale e “probabile”.

Partiamo dal titolo: il senso?

«Il vero senso? La lunghezza. Io e Nicola Borghesi, amico e collaboratore da sempre, volevamo un titolo che fosse una sfida: dicono che i titoli lunghi allontanano il pubblico. Dirò di più, è nato prima il titolo dello spettacolo: non sapevamo nemmeno di cosa avremmo scritto».

Viva la sincerità. Poi però la storia è venuta.

«Sì. La storia sembra voler raccontare la mia parabola artistica degli ultimi dieci anni, ma in realtà parte da più in là, da quel momento in cui, alla fine della giovinezza e alle porte dell’età adulta, ho fatto determinate scelte. E se ne avessi fatte altre? Mi interessava provare a raccontare ciò che sarei potuto essere».

Le famose “sliding doors”: sarebbe stata comunque una realtà alternativa positiva?

«Non ci sono storie positive o negative: esiste la verità di ciò che siamo».

A proposito di ciò che siamo, lei utilizza molto i social: è possibile gestirli rimanendo sé stessi?

«Il problema di questa epoca è l’autorappresentazione.

Quando li uso, cerco sempre di non prendermi sul serio. Ma a volte questo spiazza chi mi segue. Mi vorrebbero giustiziere, profeta o professore. Io rispondo che ho avuto una mamma giudice e un papà professore, dunque dico: non ho verità da dare. Ferme convinzioni, quelle sì che le ho».

Sanremo e X Factor: ci tornerebbe?

«Sanremo no: per me un’esperienza fantastica, ma penso di aver finito ciò che potevo dire in quella cornice. X Factor: solo se diventasse un talent di canzoni originali. Una sfida tra autori, più che interpreti».

Il suo rapporto con Milano?

«Ottimo, Benché cresciuto a Bologna, la Milano artistica è sempre stata un riferimento, da Jannacci a Gaber alle storie della Mala. Ecco, quando salgo su un palco penso che mi accontenterei di essere un figlio di Paolo Rossi».

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