I tavolini all’aperto anti-Covid di bar e ristoranti sono destinati a moltiplicarsi con l’arrivo della seconda estate segnata dal virus. Ma, al contrario dell’anno scorso, la sovrintendenza è pronta alla stretta.
Dopo la proteste, raccolte da Leggo, di quattro comitati cittadini (Navigli, Lazzaretto, ProArcoSempione e Santagostino), che lamentano «una distesa selvaggia di dehors in ogni minimo spazio, sui marciapiedi, sulle aiuole, in mezzo a vie bandite alle auto e perfino davanti alle chiese», arriva qualche regola in più per evitare il liberi tutti. E così in undici aree storiche milanesi i tavoli e le sedie, che permettono di fare colazione, mangiare, “aperitivare” all’aria aperta per convivere meglio con il virus, dovranno ricevere l’ok dalle Belle Arti. Da Santa Maria delle Grazie a Sant’Alessandro, da Sant’Ambrogio alle Colonne di San Lorenzo, da piazza Scala a piazza Duomo, da piazza Castello-Foro Buonaparte all’Arco della Pace, da Cordusio ai giardini Sempione e Montanelli. Si eviterà l’invasione sui sagrati delle chiese, in preziose aree verdi, in zone di pregio che sono molto ambiti dai titolari dei locali.
La questione è molto sentita: con lo scoppiare della primavera e dell’estate i ristoratori sperano proprio di puntare sui dehors per poter ripartire. Così com’è accaduto l’anno scorso. Anche nei mesi invernali - restrizioni permettendo - moltissimi clienti preferivano sedersi fuori dai locali. E con le temperature miti di questi giorni, complice la zona gialla, i tavoli imbanditi fuori dalle quattro mura sono quelli prenotati dalla clientela per un pranzo in sicurezza. I dehors hanno effettivamente contribuito a cambiare il volto di Milano all’indomani della prima ondata. Un nuovo modo di vivere la città. Le richieste di nuove concessioni non si sono mai fermate: basta dire che da gennaio a metà febbraio, il periodo più freddo e poco invitante per un panino all’aperto, sono state 152 le domande per nuovi dehors; un totale che ha ormai superato le 2700 unità.