La strage nelle case per anziani: 2500 morti in più rispetto alla media

La strage nelle case per anziani: 2500 morti in più rispetto alla media
di Giammarco Oberto
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Venerdì 12 Giugno 2020, 06:00
Nei primi 4 mesi del 2020 tra la popolazione dell’Ats Milano - che comprende il territorio metropolitano di Milano e la provincia di Lodi - si sono registrati tra gli over 70 5500 morti in più rispetto alla media dei quattro anni precedenti. E poco meno della metà dei decessi - il 46%, 2500 persone - si sono verificati nelle Rsa.

Al di là delle inchieste della procura sull’ondata di morti nelle case per anziani durante la pandemia, sono i dati elaborati dall’Ats a certificare la strage silenziosa nelle strutture di accoglienza per la terza età. Lo studio dell’Ats Milano riguarda tutti i decessi verificatesi in 162 strutture sul territorio di competenza, che ospitano in tutto 18.531 persone, la metà dei quali ospiti di strutture di Milano. Complessivamente tra gennaio e aprile nelle Rsa è morto il 22% degli ospiti, con una mortalità 2,5 volte più elevata degli anni precedenti (con un tasso medio di mortalità del 9%). Ma il tasso di mortalità diventa quadruplo rispetto agli altri anni se si prendono in esame solo i mesi di aprile e di maggio, ovvero i mesi dell’apice della pandemia.

Difficile attribuire con precisione l’eccesso di mortalità a Covid: nella prima fase i tamponi non venivano nemmeno eseguiti.
Ma secondo l’Ats il 60% delle morti avvenute tra gennaio ed aprile nelle Rsa è attribuibile al coronavirus, a fronte di un esiguo 26% certificato dai tamponi. L’obiettivo dello studio - ha spiegato il direttore generale di Ats Milano Walter Bergamaschi - «è capire che cosa ha funzionato e che cosa no. Non vogliamo fare processi, anche perché non tutte le strutture hanno avuto gli stessi fenomeni». Le Rsa piccole, infatti, dove i pazienti sono in camere singole, «hanno avuto una capacità di reagire alla pandemia diversa da strutture che hanno camerate e in cui i pazienti sono più aggregati. Le strutture più grandi, con centinaia di operatori che si spostano per la città per andare al lavoro, sono senz’altro state più esposte al virus» ha spiegato Bergamaschi. Il caso Trivulzio, con la sua ondata di decessi, insegna.
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