Carminati, il caso dei tempi in Cassazione: libero fino a nuova sentenza

Carminati, il caso dei tempi in Cassazione: libero fino a nuova sentenza
di Cristiana Mangani
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 17 Giugno 2020, 06:24

Massimo Carminati è uscito dal carcere. Nessun obbligo di firma, né di dimora. Da ieri è un uomo libero. Ha scontato cinque anni e sette mesi di detenzione. Un tempo che - secondo i giudici del Tribunale della libertà - «deve ritenersi scaduto, in relazione ai due capi di imputazione». La sua pena va ridefinita dalla Corte di Appello, perché - caduta l'accusa di mafia - è rimasta quella di corruzione, più altri reati satellite. E in base a questo, il Riesame ha deciso di autorizzare «la scarcerazione dell'appellante».

Carminati libero, ora la Procura teme la fuga

Carminati libero, ecco perché: i legali hanno sfruttato una falla, potrebbe non tornare più in carcere

IL MECCANISMO
Alla fine, dopo anni di indagini e di processi, dopo tre rigetti da parte della Corte d'appello, a rimetterlo fuori è stata la scadenza dei termini. I suoi avvocati, Cesare Placanica e Francesco Tagliaferri, hanno avuto la meglio basandosi sul meccanismo della contestazione a catena (che permette il prolungarsi della misura in carcere). E che in pratica certifica due concetti: la condanna di Carminati non è ancora definitiva, ma sebbene sia così, è scaduta perché la Corte di cassazione ha impiegato ben otto mesi per depositare le motivazioni della sentenza. Ed è questo il vero problema.
Quindi, ora, vale ben poco che il ministro della Giustizia Adriano Bonafede abbia dato incarico agli ispettori di effettuare degli accertamenti per capire come sia stato possibile. Carminati resterà libero, fino a sentenza contraria. E probabilmente, qualora dovesse rientrare in carcere, lo farà per un periodo breve.
 


IL VERDETTO
Succede, infatti, che il 22 ottobre scorso la Cassazione emetta una sentenza che smonta l'intero processo di Mafia Capitale: decade l'aggravante mafiosa e gli imputati principali diventano tutti criminali semplici e volgari corruttori. A quel punto gli ermellini stabiliscono che l'Appello dovrà rimodulare le condanne, e rinviano nuovamente al secondo grado di giudizio. Fino a quel momento, Carminati doveva scontare 14 anni di pena. Ne ha già fatti 4 al regime duro del 41 bis. E altri nel carcere di Oristano. La nuova situazione, però, prevede che i termini della carcerazione scadano il 30 marzo del 2020. Nel frattempo, interverrà la ridefinizione della condanna, è la speranza di tutti. Ma così non va, perché la Cassazione impiega otto mesi per scrivere le motivazioni della sentenza. Indubbiamente una sentenza difficile da spiegare, anche se il cui solco era già stato in parte tracciato.
Si arriva alla fine di marzo, e delle motivazioni neanche l'ombra. Sei giorni fa vengono depositate e scardinano l'intera inchiesta e il primo grado di giudizio. I difensori dell'ex Nar, a quel punto, affilano le armi e presentano l'ultima istanza di scarcerazione. C'è da dire che anche se piazza Cavour avesse impiegato qualche mese di meno, la situazione sarebbe andata ugualmente così. Perché, da fine ottobre a marzo passano poco più di sei mesi, con i tempi della giustizia italiana difficilmente in quello stesso periodo si sarebbe potuto trasferire il fascicolo, istruire il processo in Appello, emettere la condanna, scrivere le motivazioni e dare i termini alle difese.
I difensori hanno valutato che il massimo edittale per il reato di corruzione va dai 4 agli 8 anni di pena, ed è su quello che hanno basato la richiesta. Carminati, infatti, ne aveva già scontati due terzi, e dunque aveva le carte per tornare libero. «Il mio assistito - spiega l'avvocato Placanica - non ha superato i termini, ma ha superato il termine massimo di carcerazione». «Una scarcerazione - aggiunge l'altro legale, Francesco Tagliaferri - che non consegue per un cavillo ma è l'applicazione pedissequa del codice di Procedura penale. Bonafede facesse le inchieste che vuole. Ho letto che sarebbe stata disposta un'ispezione al carcere di Oristano, ma spero sia un errore, sarebbe ai limiti del comico».

© RIPRODUZIONE RISERVATA