Martina Rossi, la Cassazione: «È morta per sfuggire allo stupro». Condannati i due toscani

Martina Rossi, la Cassazione: «È morta per sfuggire allo stupro». Condannati i due toscani
Martina Rossi, la Cassazione: «È morta per sfuggire allo stupro». Condannati i due toscani
di Michela Allegri
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Giovedì 7 Ottobre 2021, 16:35 - Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre, 01:00

Dieci anni interminabili, trascorsi tentando di elaborare il dolore più grande e combattendo con le unghie e con i denti per cercare la verità. «Almeno una porzione di verità è venuta a galla», ha detto Bruno Rossi, padre di Marina, morta a 22 anni a Palma di Maiorca, cadendo dal balcone di un albergo mentre era in vacanza con le amiche, «la sua prima vacanza da sola». Non fu un incidente: Martina stava cercando di scappare da un tentativo di stupro di gruppo. L’ha definitivamente stabilito la Corte di Cassazione, confermando le condanne a 3 anni di reclusione a carico di Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, i due aretini accusati della tentata violenza sessuale. L’imputazione di morte come conseguenza di un altro reato si è prescritta nel corso del processo, tortuoso: ci sono state quattro sentenze.

 

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Una condanna in primo grado, un’assoluzione in appello, annullata dalla Cassazione, un nuovo appello terminato a Firenze con una condanna e, ora, la decisione definitiva, quella che permette ai genitori di Marina «di tornare a respirare», aveva detto papà Bruno prima della decisione dei giudici, arrivata dopo due ore di camera di consiglio. «Non ci deve essere più nessuno che possa permettersi di far del male a una donna e passarla liscia.

Ora posso dire a Martina che il suo papà è triste perché lei non c’è più, ma anche soddisfatto perché il nostro paese è riuscito a fare a giustizia», il commento dopo la lettura della sentenza. «Finalmente è emersa la verità, anche se quello che ha sofferto Martina non lo cancella nessuno. Non hanno avuto neanche pietà», ha detto invece la madre di Martina, Franca Murialdo. La Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi dei due imputati, che hanno sempre respinto le accuse. Mentre a piazza Cavour era in corso il processo, fuori dal Palazzaccio le attiviste di “Non una di meno” hanno tenuto un sit-in: «La violenza non va in prescrizione, la violenza non si cancella», «Non c’è stato suicidio, è stato stupro», le scritte sui cartelli.

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La tragedia

I fatti sono del 3 agosto 2011. Martina era precipitata dalla terrazza al sesto piano dell’hotel Santa Ana. Albertoni e Vanneschi, oggi trentenni, erano in vacanza nello stesso albergo. Inizialmente la tesi degli investigatori spagnoli era che la giovane si fosse suicidata. «Solo in Italia hanno cercato la verità», aveva raccontato Bruno Rossi. La Procura non ha mai creduto alla tesi difensiva: dalle indagini è emerso che Marina aveva scavalcato la balaustra, finendo di sotto, per sfuggire a una violenza sessuale. Ieri il procuratore generale Elisabetta Ceniccola ha chiesto di confermare la condanna degli imputati: erano presenti entrambi in quella stanza - quindi si è trattato di violenza di gruppo, ha sottolineato il pg - «Martina si è sentita in uno stato di soggezione e impossibilitata a difendersi». E per questo motivo, ha proseguito il magistrato, la giovane avrebbe scelto «una via di fuga più difficile, che la metteva in pericolo»: invece di uscire dalla porta, è passata dalla finestra, «ma non si è gettata con intento suicidiario».

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A pesare sulla decisione dei giudici anche il fatto che sul corpo della ragazza fossero state trovate delle lesioni non compatibili con la caduta. Uno degli imputati aveva graffi sulle braccia e, soprattutto, la giovane era senza pantaloncini: non sono mai stati ritrovati. I due aretini erano stati condannati a 6 anni in primo grado e assolti in secondo grado il 9 giugno del 2020: la Corte d’appello di Firenze aveva dato per buona l’ipotesi del suicidio. La Cassazione, però, aveva riaperto il caso, rilevando errori e sottovalutazioni in quella sentenza. Il processo d’appello bis si era chiuso lo scorso aprile con una condanna. Ieri la sentenza, a un soffio dalla prescrizione, che sarebbe dovuta scattare a metà ottobre. «Ora la Spagna chieda scusa per come ha archiviato l’indagine e per il fatto che quella stanza d’albergo venne affittata solo qualche ora dopo», ha dichiarato Luca Fanfani, avvocato dei genitori di Martina.

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