I 4 superlatitanti: Matteo Messina Denaro, Giovanni Motisi, Renato Cinquegranella e Attilio Cubeddu

I 4 superlatitanti: Matteo Messina Denaro, Giovanni Motisi, Renato Cinquegranella e Attilio Cubeddu
I 4 superlatitanti: Matteo Messina Denaro, Giovanni Motisi, Renato Cinquegranella e Attilio Cubeddu
di Cristiana Mangani
5 Minuti di Lettura
Sabato 18 Dicembre 2021, 11:36

Con l'arresto di Graziano Mesina restano quattro i latitanti di massima pericolosità ricercati dalle forze dell’ordine italiane. Si tratta di due boss di Cosa Nostra (Matteo Messina Denaro e Giovanni Motisi), un camorrista (Renato Cinquegranella, Raffaele Imperiale è stato arrestato il 4 agosto 2021 a Dubai) e un responsabile di gravi delitti (Attilio Cubeddu), sardo come Mesina che, pur non facendo parte di organizzazioni criminali di spicco, è ricercato, così come lo era “Grazianeddu”, in quanto responsabile di delitti di particolare gravità ed efferatezza. Il dato emerge dall’ultimo report (17 agosto 2021) diffuso dal Ministero dell’Interno e redatto dalla direzione centrale della Criminalpol quale sintesi dell’attività svolta dal Gruppo integrato interforze per la ricerca dei latitanti (Giirl).

(Fonte: ministero dell'Interno)

Matteo Messina Denaro

Il suo nome compare anche nell'elenco dei maggiori ricercati in Europa. Matteo Messina Denaro, “u siccu”, “il magro”, letteralmente sparito nel nulla nel 1993, l’anno delle bombe a Milano, Firenze e Roma, dopo una vacanza a Forte dei Marmi con i fratelli Graviano: è ricercato in campo internazionale per “associazione di tipo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto ed altro”. Protagonista di un numero imprecisato di esecuzioni e tra gli organizzatori del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo – rapito per costringere il padre Santino a ritrattare le rivelazioni sulla strage di Capaci e poi strangolato e sciolto nell’acido dopo 779 giorni di prigionia.

Giovanni Motisi

Giovanni Motisi, “u pacchiuni”, “il grasso”, 59 anni, palermitano doc, ricercato dal ’98 per omicidio, dal 2001 per associazione di tipo mafioso e dal 2002 per strage. Ha l’ergastolo da scontare, il killer di fiducia di Totò Riina, secondo un collaboratore di giustizia presente anche quando si parlò per la prima volta di ammazzare il generale Dalla Chiesa. Nel ’99, durante la perquisizione della sua villa di Palermo, spunta una fitta corrispondenza tra lui e la moglie Caterina, bigliettini recapitati da postini fidati, insieme con vestiti e regali. Ed è dello stesso anno l’ultima ‘apparizione’ certa in Sicilia di “u pacchiuni”, alla festa di compleanno della figlia: nelle foto ritrovate diversi anni dopo risaltano le pareti coperte con lenzuola bianche per non far riconoscere il posto. Da allora, non ci sono più informazioni tanto da far pensare che possa essere morto. Un’altra ipotesi è che abbia cercato, e trovato, riparo in Francia.

Renato Cinquegranella 

Elemento apicale della camorra, anche di Renato Cinquegranella, 72 anni, si sono praticamente perse le tracce dal 2002. Ricercato da quasi venti anni per associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso in omicidio, detenzione e porto illegale di armi, estorsione ed altro, originariamente legato alla “Nuova Famiglia“, storici rivali della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, di lui resta negli archivi una vecchia foto sgranata in bianco e nero, calvizie incipiente, occhiali, baffi neri e sguardo fisso nell’obiettivo.

Compare nelle cronache giudiziarie di due dei delitti che più hanno scosso Napoli: l’omicidio di Giacomo Frattini, alius “Bambulella”, soldato della Nco, torturato, ucciso e fatto a pezzi nel gennaio dell’82 e il massacro del capo della Mobile Antonio Ammaturo e del suo autista, Pasquale Paola, “firmato nel luglio dello stesso anno dalle Brigate Rosse cui Cinquegranella diede supporto logistico. L’episodio confermò l’esistenza di un patto scellerato tra le Br e i capi-zona della camorra del centro di Napoli. Dal dicembre 2018 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, finora senza esito.

Attilio Cubeddu

Attilio Cubeddu, nome storico dell’Anonima sequestri sarda, nasce ad Arzana, in provincia di Nuoro, nel 1947 e dopo diversi reati commessi da giovanissimo si scopre una vocazione per i rapimenti: partecipa tra gli altri a quelli Rangoni Machiavelli, Bauer e Peruzzi, fino all’arresto del 1984 a Riccione. La condanna a 30 anni sembra l’inizio della fine, ma lui che è furbo e determinato si comporta da detenuto modello e riesce ad ottenere diversi permessi premio: da uno di questi, concessogli nel gennaio del 1997 a Badu ‘e Carros per vedere moglie e figlie, “dimentica” di rientrare. E’ da quei giorni che diventa praticamente un fantasma. Un fantasma che si materializza solo nei giorni del sequestro Soffiantini, di cui è implacabile carceriere (“il più cattivo di tutti”, secondo l’imprenditore bresciano) e che polizia e carabinieri cercano inutilmente ovunque: in Corsica, in Spagna, in Germania, in Sud America e, naturalmente, in Sardegna, dove secondo alcuni avrebbe trascorso gran parte della sua latitanza, protetto da un network di fiancheggiatori. Negli anni si è fatta strada l’ipotesi che in realtà sia morto, ucciso da un complice per una storia di soldi: ma nel dubbio, anche per lui la caccia resta aperta.

Dal 2010 al 2020 sono stati assicurati alla giustizia 22 latitanti di massima pericolosità, di cui 17 arrestati in Italia, e 110 latitanti pericolosi, di cui 69 nel nostro paese. All’estero spiccano gli arresti nell’ultimo anno di due esponenti di spicco della ‘ndrangheta, Francesco Pelle (scovato in Portogallo lo scorso 29 marzo ed estradato in Italia a settembre) e Rocco Morabito (rintracciato in Brasile il 24 maggio), entrambi inseriti nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità e in attesa di estradizione. Per quanto riguarda, invece, i latitanti pericolosi, l’elenco include, attualmente, 62 soggetti, di cui 18 affiliati alla ‘ndrangheta, 3 alla camorra, 4 alla criminalità pugliese, 2 a cosa nostra, 2 all’area dei sequestri di persona e 33 responsabili di gravi delitti. Ai latitanti di massima pericolosità, il sito web del Ministero dell’Interno dedica un’apposita sezione, pubblicandone le foto e una descrizione del profilo criminale. La finalità di tale iniziativa è duplice: da un lato, far conoscere i soggetti più pericolosi ricercati dallo Stato, dall’altro, stimolare lo “spirito di collaborazione” della collettività con le Forze dell’ordine nello svolgimento dell’attività di ricerca.

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