Regeni, inchiesta chiusa: «Torturato e ucciso da 007 egiziani», in 4 verso il processo. I genitori di Giulio: «Ritirare ambasciatore»

Giulio Regeni, la Procura di Roma chiude l'inchiesta: quattro 007 egiziani verso il processo
Giulio Regeni, la Procura di Roma chiude l'inchiesta: quattro 007 egiziani verso il processo
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Giovedì 10 Dicembre 2020, 12:31 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 02:15

Chiusa l'inchiesta della procura di Roma su Giulio Regeni. I pm hanno emesso quattro avvisi di chiusura delle indagini, che precede la richiesta di processo, per appartenenti ai servizi segreti egiziani. Le accuse a vario titolo sono sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. Chiesta l'archiviazione per una quinta persona, sempre 007 del Cairo. I genitori di Giulio sono tornati a chiedere al governo di ritirare l'ambasciatore italiano in Egitto.

Secondo l'accusa i quattro agenti furono gli autori delle sevizie durate giorni che causarono a Regeni «acute sofferenze fisiche» messe in atto anche attraverso oggetti roventi, calci, pugni, lame e bastoni.

Ed era incatenato. È la drammatica descrizione del violenze subite dal ricercatore italiano nel corso dei suoi giorni di sequestro in Egitto fornita dai magistrati di Roma nell'atto di chiusura delle indagini.

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A rischiare di finire sono processo sono il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Quest'ultimo indagato, oltre al sequestro di persona pluriaggravato contestato a tutti, è accusato di lesioni personali aggravate (essendo stato introdotto il reato di tortura solo nel luglio del 2017) e l'omicidio del ricercatore friulano. Chiesta l'archiviazione invece per Mahmoud Najem. «Per quest'ultimo - spiega una nota della Procura di Roma - non sono stati raccolti elementi sufficienti, allo stato, a sostenere l'accusa in giudizio».

La notifica della conclusioni «delle indagini è avvenuta tramite il rito degli irreperibili» direttamente ai difensori di ufficio italiani non essendo pervenuta l'elezione di domicilio degli indagati dal Cairo. «Come previsto dal codice di procedura penale gli indagati e i loro difensori d'ufficio hanno ora venti giorni di tempo per presentare memorie, documenti ed eventualmente chiedere di essere ascoltati», conclude la nota della Procura.

Ammanettato

«Ho visto Giulio ammanettato a terra con segni di tortura sul torace», ha raccontato uno dei cinque testimoni sentiti dai magistrati di Roma. La sua testimonianza è stata citata oggi dal pm Sergio Colaiocco nel corso dell'audizione davanti alla commissione di inchiesta sulla morte del giovane ricercatore italiano avvenuta nel 2016 al Cairo.

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Nell'atto di conclusione delle indagini del procuratore Michele Prestipino e del sostituto Sergio Colaiocco viene ricostruita la vicenda del ricercatore italiano. Tutto parte «dalla denuncia presentata, negli uffici della National security, da Said Mohamed Abdallah, rappresentante del sindacato indipendente dei venditori ambulanti del Cairo Ovest». I quattro indagati «dopo aver osservato e controllato direttamente e indirettamente, dall'autunno 2015 - scrivono i pm - alla sera del 25 gennaio 2016, Giulio Regeni, abusando delle loro qualità di pubblici ufficiali egiziani, lo bloccavano all'interno della metropolitana del Cairo». In base all'atto di conclusione delle indagini, Regeni venne condotto «contro la sua volontà e al di fuori di ogni attività istituzionale, prima presso il commissariato di Dokki e successivamente presso un edificio a Lazougly» dove venne «privato della libertà personale per nove giorni».

I genitori di Giulio Regeni: l'Italia ritiri l'ambasciatore in Egitto

Da quando nel 2017 è stato rinviato l'ambasciatore italiano durante il governo Gentiloni «uno degli scopi era la ricerca di verità e giustizia per nostro figlio Giulio. Purtroppo questo punto è stato messo in secondo piano dando priorità alla normalizzazione dei rapporti tra Italia ed Egitto e a sviluppare i reciproci interessi in campo economico, finanziario e militare, vedi la recente vendita delle fregate, e nel turismo, evitando di affrontare qualsiasi scontro. L'atteggiamento dell'ambasciatore Cantini è una chiara dimostrazione di tutto ciò», ha detto Claudio Regeni chiedendo di «richiamare in Italia l'ambasciatore».

«Chiediamo alla Commissione di inchiesta di fare chiarezza sulle responsabilità italiane, ci riferiamo a tutte quelle zone grigie.. - è l'appello della madre di Giulio, Paola regeni - Cosa è successo nei Palazzi italiani da quel 25 gennaio al 3 febbraio. Come mai Giulio, un cittadino italiano, non è stato salvato in un Paese che era amico e che continua ad essere amico?», ha detto la donna aggiungendo che «altrimenti tutti gli italiani che vanno all'estero possono ben dire di non sentirsi sicuri».

Poi una precisa richiesta a Conte e Di Maio: «La stampa 'buona' lavori sull'Egitto, racconti l'Egitto, così aiutiamo anche il popolo egiziano. Fate giornalismo investigativo, chiedete ai politici 'cosa state facendo?', «presidente Conte che sta facendo per la verità su Giulio? E il ministro degli Esteri Di Maio? I rapporti bilaterali con l'Egitto sono divenuti sempre più un'amicizia». 

«Nessuno avrebbe pensato di arrivare dove siamo oggi. Oggi è una tappa importante per la democrazia italiana e per l'Egitto. Niente ci ferma. La nostra lotta di famiglia è diventata una lotta di civilità per i diritti umani, che è come se agisse Giulio. Giulio è diventato uno specchio che riverbera in tutto il mondo come vengono violati i diritti umnani in Egitto ogni giorno», ha detto in conferenza stampa alla Camera Paola Regeni, madre di Giulio.

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