Caso Orlandi, lo strazio della madre: voglio un corpo su cui piangere

Caso Orlandi, lo strazio della madre: voglio un corpo su cui piangere
Caso Orlandi, lo strazio della madre: voglio un corpo su cui piangere
di Franca Giansoldati
4 Minuti di Lettura
Giovedì 1 Novembre 2018, 09:14 - Ultimo aggiornamento: 09:33

Il dolore che morde e non se ne va, nemmeno per un attimo, nemmeno dopo tanti anni. Perdere un figlio è qualcosa che va contro le leggi della natura. La signora Maria Orlandi se lo ricorda bene, quel giorno di fine giugno quando la sua piccola Manuela uscì di casa tutta contenta di andare alla lezione di musica. La scuola era poco distante dal Vaticano, dove viveva la famiglia, in uno degli appartamenti in zona extraterritoriale. «E' tutto impresso nella mente, ogni fotogramma, impossibile da dimenticare».

Signora, le ossa ritrovate nella sede della Nunziatura in Italia, a via Po, durante alcuni lavori di ristrutturazione, sono state sottoposte ad accertamenti scientifici anche per verificare se possano essere quelle di sua figlia. Cosa ha pensato, davanti a questa notizia?
«Ho pensato al fatto che c'è gente che ha fatto una cosa bruttissima a tutti noi. Manuela da quel giorno non la abbiamo più vista. In questi anni siamo stati sostenuti da una grande fede. Spero che un giorno si possa far tornare il suo corpo a casa. Spero che chi sa qualcosa ascolti, ci aiuti».

Il silenzio, la mancanza di notizie, i giorni sospesi, tutti uguali, per 35 anni. Com'è stata vissuta questa prova straziante da lei e dalla sua famiglia?
«Nel dolore (tanto dolore) e nella preghiera. Se mi permette voglio dire che queste persone cattive (non so chi siano) le perdono. Vorrei però solo far tornare a casa mia figlia, il corpo di mia figlia..»

Riesce davvero a perdonare chi le ha portato via Manuela?
«Si. Si può perdonare chi ti ha fatto tanto male. Persino queste persone malvagie che hanno distrutto la felicità di una famiglia serena e noi eravamo una famiglia serena -; forse queste persone avranno una coscienza e sicuramente sarà Dio a giudicarle e castigarle. Mi ripeto spesso: sia fatta la volontà di Dio, e con questa forza si deve andare avanti».

In questi anni vi sono mai arrivati dei segnali, delle informazioni, delle indicazioni utili a trovare il bandolo di una matassa tanto ingarbugliata?
«Niente di niente. Siamo stati immersi nella sofferenza. E il pensiero che correva alla mia bambina».

In Vaticano, secondo lei, c'erano persone che potevano sapere qualcosa di utile per le indagini ma non hanno mai parlato?
«Non saprei. A noi non è stata messa a disposizione nessuna documentazione particolare. Almeno che io sappia. I documenti se ci sono forse li avranno ai vertici, ma qui in casa non c'è nulla. In salotto però c'è la fotografia della mia Manuela che mi guarda».

Manuela è stata al centro di tante supposizioni e ipotesi. Perché secondo lei è stata rapita e fatta sparire proprio sua figlia?
«Me lo sono chiesta. Signore, perché a noi? Noi non ci interessavamo a niente, la nostra vita era tranquilla, non sappiamo. Resta una incognita. Vivevamo modestamente e con una felicità domestica reale per quello che avevamo. Le piccole cose che ci davano gioia tra noi. Manuela amava il canto e la musica, era veramente appassionata e così mio marito con un po' di sacrifici a quei tempi riuscì a comprare un pianoforte. Le cose belle che facevamo assieme restano stampate in noi. Ridevamo assieme, e la nostra casa era piena di amore. Poi delle persone malvagie (e non so chi siano) ci hanno depredato del nostro tesoro. La felicità ha lasciato il posto al dolore. Quanto dolore. Quando era in vita mio marito, Ercole, era lui che ci dava la forza, ci sosteneva con coraggio, offrendoci una spalla forte. Ora restiamo io e i miei figli e andiamo avanti con la fede».

Lei ha incontrato Papa Francesco un po' di tempo fa, cosa le ha detto?
«E' stato un incontro consolatorio. Abbiamo pregato».

Tutta l'Italia ha seguito con il fiato sospeso la vicenda di Manuela, la sua sparizione, il mistero che dura tutt'ora. Anche Manuela, per certi versi, è il simbolo di un periodo molto tragico per il Paese. Vi siete sentiti soli, in questi anni?
Sappiamo che ci sono tante le persone che ricordano quello che è successo e per questo le ringrazio di cuore. La nostra vicenda appartiene ormai a tutti. Vorrei che nessuno abbia mai a soffrire quanto noi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA