Un'ordinanza per vietare i gruppi delle mamme su WhatsApp in vista della riapertura delle scuole. Una provocazione scherzosa, ma anche piuttosto condivisibile, quella del sindaco di Desulo (Nuoro), Gigi Littarru. Sul proprio profilo Facebook personale, il primo cittadino del piccolo centro di poco più di 2000 abitanti, ha dato un suggerimento che sta facendo impazzire il web: «Con la riapertura delle scuole, credo che un'ordinanza del genere possa servire».
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Gianluigi Littarru, per tutti Gigi, ha condiviso la divertente provocazione solo sul proprio profilo personale e non sulla pagina Facebook istituzionale. «Considerato che la grande maggioranza dei cittadini ha almeno uno smartphone con WhatsApp, piattaforma utilizzata come valido strumento di comunicazione soprattutto con i gruppi.
Dopo aver esposto i motivi che porterebbero alla bizzarra ma fantomatica ordinanza, il sindaco di Desulo arriva al punto: «Al fine di preservare la salute mentale degli studenti, del personale docente, dei genitori di sesso maschile, costretti a sopportare le peggiori schizofrenie, e comunque della cittadinanza tutta, ordina a mamme, zie e nonne il divieto di utilizzo degli stessi gruppi, nonché il divieto assoluto di creare nuovi cosiddetti "gruppi mamme" o analoghi. La violazione della presente ordinanza sarà punita con il sequestro dello smartphone e con la sospensione dell'account WhatsApp fino al termine dell'anno scolastico».
La finta e scherzosa ordinanza risulterebbe essere addirittura inappellabile: «Avverso il presente provvedimento non è ammesso il ricorso al TAR perché contrariamente a quanto pensino le mamme, il sindaco ha sempre ragione».
Il post del sindaco di Desulo ha scatenato furore sul web, anche se non sono mancate accuse di sessismo. «Perché se la prende solo con le mamme e non con i papà?», si legge tra i vari commenti al post e agli screenshot pubblicati su vari gruppi e pagine. Gigi Littarru, ad ogni modo, solleva un problema reale: troppo spesso, in passato, i gruppi delle mamme su WhatsApp hanno veicolato informazioni false, spesso fatte di accuse infondate e gratuite, in grado di alimentare allarmismi e conflitti.
Si pensi ad esempio a quanto accaduto negli scorsi anni: bambini autistici esclusi da recite scolastiche o espulsi da scuola tra la gioia di alcune mamme, insulti gratuiti alle direttrici scolastiche, video hot di mamme inviati nei gruppi per sbaglio, offese alle maestre e liti furiose tra mamme finite in tribunale. Senza contare le accuse tra genitori quando in classe girano i pidocchi, tutti episodi che in alcuni casi hanno portato i presidi a vietare agli insegnanti di partecipare alle chat di classe.