Elezioni regionali, dopo due anni e mezzo il ribaltone della mappa del potere: dal 15-4 per il centrosinistra al 14-5 in favore del centrodestra

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di Alessandra Severini
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Mercoledì 23 Settembre 2020, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 08:37
Quattordici regioni contro cinque. Anzi quindici (come dice Salvini) se si considera anche la Provincia Autonoma di Trento e Bolzano. Alla luce del risultato elettorale regionale oggi il centrodestra governa in 15 territori regionali contro i 5 rimasti al centrosinistra. Un vero ribaltone se si pensa che solo due anni e mezzo fa, ai tempi delle Politiche del 2018, la situazione era completamente inversa. 



Allora ben 15 Regioni erano governate dal centrosinistra e appena 4 dal centrodestra. Ma poi l’onda giallo-verde travolse il Paese alle Politiche del 4 marzo e anche la mappa del potere dei governatori cominciò a cambiare: nel giro di un anno il Pd perse ogni confronto e nel 2019 il centrodestra operò il sorpasso: 10 a 9. Abruzzo, Basilicata, Sardegna cambiarono colore. E più avanti il centrodestra strappò la Calabria, il Piemonte e l’Umbria. Nel 2020 al centrosinistra rimangono solo Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Puglia e Campania. Il M5s, che nel 2018 aveva trionfato a Sud, è oggi praticamente sparito.
Se è vero che quest’ultima tornata elettorale ha rafforzato l’asse di governo è anche vero che la dominanza del centrodestra a livello regionale potrebbe complicare i rapporti fra esecutivo centrale e amministrazioni locali. Zaia per esempio non fa mistero di voler insistere sull’autonomia differenziata. E poi ci sarà da decidere la distribuzione dei fondi del Recovery Fund. L’asse nordista chiede di essere coinvolto nella gestione dei 209 miliardi che arriveranno dall’Europa. Sui progetti per il Recovery fund il confronto ci sarà , ha assicurato il premier, con il governo e con l’opposizione, Salvini incluso. 

Ad oggi Conte è sicuramente rassicurato dal risultato elettorale ma ad impensierirlo è la tenuta del Movimento 5 Stelle che registra malumori e scontenti al suo interno. Per questo per ora il capitolo Mes non verrà affrontato, al Senato i numeri non ci sono: spingere sul fondo Salva-stati rischierebbe di far cadere la maggioranza. 
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