Da operatore sociosanitario a lungodegente Covid. Questo il calvario di Vito Scarparo, 59enne di Anguillara Veneta, operatore sociosanitario nel pronto soccorso dell'ospedale di Piove di Sacco (Padova) dal 2017. Dal novembre 2020, quando fu contagiato, è iniziato un vero e proprio incubo, con una lunga serie di complicazioni che lo hanno costretto a più ricoveri.
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A raccontare la storia, al Gazzettino, è lo stesso Vito Scarparo, contagiatosi alla fine di novembre 2020, quando i vaccini non erano ancora disponibili e nonostante avesse utilizzato tutti i dispositivi di protezione individuale. «Scoperta la positività sono rimasto a casa mia a Cavarzere, ma le mie condizioni di sono aggravate e sono stato ricoverato il 6 dicembre a Piove di Sacco, con una forma febbrile» - racconta l'operatore sociosanitario - «Tornato a casa ancora positivo, il 18 dicembre accusai una forte tachicardia e fui ricoverato di nuovo in ospedale, scoprendo anche di avere una embolia polmonare poco prima di Natale».
La negativizzazione arriva ufficialmente il 10 gennaio scorso, ma i problemi non finiscono qui.
Tornato a casa dopo l'ennesimo ricovero, Vito Scarparo è ancora convalescente ma è circondato dall'amore della moglie e dei due figli. «Mi sento come un germoglio che lentamente cresce e si sviluppa, una sorta di seconda vita che il Signore mi ha dato e non vedo l'ora di tornare a lavorare a Piove di Sacco, dove sono dal 2017 dopo aver lavorato in alcune Rsa di Padova» - racconta ancora l'operatore sociosanitario - «Voglio fare un appello: vaccinatevi. Sono sempre stato per la libertà di scelta, ma credetemi, il vaccino è l'unica arma che abbiamo a disposizione. Se avessi contratto il virus dopo il vaccino, non avrei patito tutte queste conseguenze. Sono grato a tutti: medici, infermieri, operatori sociosanitari e barellieri dell'ospedale dove in questi mesi mi sono ritrovato dall'altra parte della barricata. Un mix di professionalità e umanità, ingredienti necessari con il Covid e la chiusura delle visite nei reparti».