Vincenzo Salemme: «Io, napoletano atipico, scherzo in teatro sui luoghi comuni. E vorrei vivere a New York»

L'attore da domani sul palco del Teatro Olimpico a Roma: "Si ride tanto"

vincenzo salemme_teatro olimpico_roma
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di Mario Fabbroni
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Giovedì 31 Marzo 2022, 06:52 - Ultimo aggiornamento: 9 Aprile, 07:05

Vincenzo Salemme, lei che napoletano è? 
«Bella domanda...». 


Come? Sul tema della napoletanità, in teatro, recita uno spettacolo intero...
«Sì, lo so. Ma i luoghi comuni, i cliché, in realtà non mi convincono». 


Che vuol dire? 
«A me piace essere preciso, agli appuntamenti arrivo addirittura qualche minuto prima dell’orario stabilito. Allora sono milanese?».


Beh...
«Sul lavoro poi... non ne parliamo. Sono molto pignolo, amo curare i dettagli. Allora non sono un meridionale?»


Lo dice lei. Vanta anche caratteristiche dei romani?
«Adoro quell’ironia sorniona, tipica di coloro che le hanno viste tutte. Roma caput mundi». 


E la tazzina di caffè?
«Embè, tutti dicono che i napoletani bevono il caffè con le tre “C”: che poi significa “comme cazz coce”. Ma a me quella tazzina bollente come la pietra lavica che puntualmente mi dà il barista napoletano, proprio non la preferisco. Il caffè lo voglio sorseggiare, con calma».


Lo spettacolo che da domani debutta al Teatro Olimpico di Roma non a caso si chiama “Napoletano? E famm na pizza!”...

«Ho messo insieme le ultime due commedie: “Con tutto il cuore” e “Una festa esagerata”. Così è venuta fuori questa piece teatrale che parla di due famiglie che affacciano sulla stessa terrazza. E che si sfidano a colpi di luoghi comuni». 


Alla gente piace, fioccano i sold out. 
«Il pubblico si “scompiscia” dalla risate.

E la cosa non può che farmi piacere, visti i tempi che viviamo. È un modo per tornare a ridere ed emozionarsi tutti insieme con lo stesso sentimento di speranza nel futuro». 


Pensa alla guerra quando sale sul palco?
«La verità è che non pensavo di assistere a una cosa simile. La guerra è quanto di più terribile possa accadere, si sentono addirittura parole come “conflitto nucleare”. Inorridisco. E tutti devono inorridire. La guerra è un tabù, deve finire subito». 


Come la affronta un uomo di spettacolo?
«Ne parlo ogni volta con il pubblico. Chiarisco che le risate che si faranno a teatro rendono tutti più forti, sono cibo per l’anima. Non smettono di far provare il giusto dolore per l’assurdità di questa fase mondiale. C’è tanto bisogno di pace».


Agli Oscar del cinema però sono volati schiaffi: erano veri?
«Mah, sono rimasto stupito dalla non reazione del presentatore: di fronte a un’aggressione improvvisa, ognuno tende a proteggersi. Quello invece non ha fatto una mossa. Se è stato tutto vero, allora dico che Will Smith è stato umano». 


Lei è un napoletano, ma dove avrebbe voluto nascere? 
«A New York. Sono innamorato del cinema americano, mi sento americano nell’anima. Ma pure lì, una volta, mi hanno messo a cucinare gli spaghetti. Perché, diciamolo, ogni italiano all’estero è un po’ napoletano». 

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