C'è allarme in Veneto per la scoperta a Bassano (Vicenza) dei primi due casi di pazienti positivi alla variante indiana del coronavirus. Si tratta di un uomo e di sua figlia: appena rientrati in Italia dal Paese asiatico, a metà aprile, avevano segnalato spontaneamente all'Azienda socio-sanitaria 7 della Pedemontana il loro viaggio e si erano posti in isolamento domiciliare preventivo, come previsto dalle direttive sanitarie italiane. Il tampone, sequenziato dall'Istituto Zooprofilattico del Veneto, non ha lasciato dubbi sulla presenza della nuova variante. Ora i due pazienti sono in quarantena a casa, insieme al resto del nucleo familiare, e presentano solo sintomi lievi. Al momento la situazione è sotto controllo.
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La variante indiana in Italia: dove
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Variante indiana nel Lazio
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Variante indiana e vaccini
LA VARIANTE INDIANA IN ITALIA: DOVE
Potrebbero però non essere gli unici portatori di questa mutazione in Veneto. È in corso infatti la valutazione su altre due persone, residenti nel veneziano: per loro, spiegano fonti sanitarie, i primi accertamenti hanno mostrato la presenza di almeno una variante nel virus, che potrebbe essere quella indiana. Ma bisognerà sequenziarne tutto il genoma per arrivare ad una risposta certa. In questo caso la pista epidemiologica porterebbe a un contatto con il Bangladesh. A fare la differenza nella velocità di individuazione delle mutazioni è stato ancora l'istituto 'sentinella' della sanità veneta: lo Zooprofilattico delle Venezie, con sede a Legnaro (Padova), il laboratorio dove ha lavorato per 18 anni anche la scienziata Ilaria Capua.
VARIANTE INDIANA NEL LAZIO: IL CASO LATINA
Dopo l'alert sulla pericolosità della variante indiana preoccupano nel Lazio possibili arrivi dall'India. Sotto la lente la comunità sikh che vive nel territorio di Latina: circa 15mila persone con molti dei componenti impiegati nell'agricoltura. Da circa un mese la Asl ha avviato attività di screening di massa nelle aziende agricole su tutti i braccianti. «Le condizioni di sovraffollamento abitativo sono piuttosto frequenti- ha spiegato il direttore generale dell'Asl, Silvia Cavalli - La comunità è stata toccata da casi di Covid, ma si tratta di varianti già note. Rappresentano in media meno del 10 per cento dei casi giornalieri». Ora si tratta però anche di rintracciare chi è tornato dall'India prima del blocco dei voli provenienti da quel paese per capire se si sta attenendo alla quarantena. «E’ in corso a Latina una vasta indagine epidemiologica nei confronti della comunità Sikh che opera prevalentemente nel settore agricolo. E’ stata offerta massima collaborazione grazie alla straordinaria opera di mediazione del Prefetto di Latina in costante collaborazione e cooperazione con la Asl e le autorità religiose. I test sono stati inviati all’Istituto Spallanzani per i sequenziamenti per verificare ipotesi di varianti. Siamo in attesa dei risultati e sono in costante contatto con la Asl e il Prefetto per valutare l’evolversi della situazione». Lo dichiara l’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato.
VARIANTE INDIANA E VACCINI
«Le varianti del virus non sono una novità, ormai lo sappiamo. E non devono generare panico, ma prudenza. Questa variante identificata in India ha due mutazioni potenzialmente preoccupanti sulla proteina Spike ma non ci sono dati che possano farci pensare che sia più trasmissibile o che generi una malattia più severa. È possibile invece che possa ridurre leggermente l'efficacia dei vaccini, come quella sudafricana, ma anche in questo caso servono dati prima di esprimersi». Lo sottolinea Antonella Viola, immunologa dell'università di Padova, su Facebook ricordando che «anche nei confronti della variante sudafricana i vaccini comunque sembrano conferire protezione, seppur con una efficacia minore, quindi l'unica cosa da fare è continuare a contenere e vaccinare». Per la Viola è «giustissima da questo punto di vista la decisione di bloccare i voli dall'India». «Quello che ognuno di noi può fare per limitare la diffusione delle varianti è rispettare le regole, soprattutto adesso che si sta gradualmente cominciando a riaprire, e non rifiutare la vaccinazione quando si viene chiamati. Se ognuno di noi farà la sua parte, se tutti ci vacciniamo, il virus non farà più paura», chiosa l'esperta.
«Se la variante indiana di Sars-CoV-2 è stata trovata in Veneto, vuol dire che è già ampiamente diffusa anche altrove. Perché il nostro Paese ha una bassissima capacità di sorveglianza, non ha la sensibilità necessaria per intercettare tempestivamente» i mutanti. «Ed io sono mesi che dico che bisogna creare un sistema di sorveglianza adeguato in Italia, che ancora non c'è». È la riflessione del virologo Andrea Crisanti, dopo che oggi il governatore del Veneto Luca Zaia ha annunciato i primi due casi di variante indiana - padre e figlia di ritorno dall'India - confermati sul territorio regionale, all'Ulss Pedemontana di Bassano, e altri due casi in valutazione in attesa di conferma. «Il problema è che - chiarisce all'Adnkronos Salute il direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell'università di Padova - tutte queste nuove varianti rappresentano una minaccia sia alle riaperture, per le quali è già un problema la variante inglese, ma sono una minaccia anche al programma di vaccinazione. Vanno monitorate e noi ancora non abbiamo la capacità per farlo». «Quella indiana - prosegue Crisanti - sembra una variante che ha un'elevata capacità di trasmissione e, sulla base delle mutazioni che la caratterizzano, potrebbe avere anche una certa resistenza al vaccino». Se fosse confermato questo aspetto «si abbasserebbe la soglia di protezione. Ciò significa che se una persona vulnerabile è protetta dall'infezione da variante inglese/europea, con questa potrebbe non esserlo altrettanto e fare una malattia più grave». Il problema, però, per Crisanti «è generale». Il dramma dell'India «non si può spiegare solo con carenze strutturali, non è questa e basta la questione. Al di là della situazione sanitaria particolare, può accadere ovunque e lo abbiamo visto: laddove c'è trasmissione elevata del virus, c'è più probabilità che emergano varianti e, se si aggiunge anche il vaccino, il rischio è che si creino varianti resistenti» alle iniezioni scudo. L'ideale quindi «sarebbe vaccinare in una situazione di chiusura - conclude il virologo - Invece noi stiamo facendo l'opposto. È impressionante. Incredibile».
La variante indiana del Sars-CoV-2 «di sicuro ci piace poco perché ha due mutazioni nella proteina Spike, che rendono più facile l'inserimento all'interno dell'organismo». Lo ha spiegato Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università Statale di Milano, intervenendo ad Agorà su Rai 3 che sottolinea come in merito a questa variante «siano necessarie altre valutazioni». «Da un lato - ha precisato - bisognerà capire se e quanto è più contagiosa rispetto al virus originale, come sembra, e poi servirà chiarire se sfugge ai vaccini». Sembra comunque, «da uno studio israeliano che il vaccino Pfizer protegga almeno in parte». Anche per questo, la scelta di bloccare gli ingressi dall'India, ha detto, «è una scelta precauzionale che condivido alla luce della situazione epidemiologica indiana, che vede in questa recrudescenza terribile di Covid-19 in un contesto caratterizzato anche da difficoltà organizzative». Quanto alla situazione epidemiologica italiana, ad oggi «è buona, sono oltre 5 settimane che i dati sono in riduzione, ma purtroppo ancora sono tanti i decessi e abbiamo ancora tante persone positive circa 500.000, molte delle quali magari stanno bene ma possono contagiare gli altri». Per questo, ha concluso Pregliasco, «le riaperture erano auspicate ma io temo che un prezzo da pagare lo avremo e sarà un rialzo del numero dei casi, anche se non sarà immediato».