Vaiolo delle scimmie, Pregliasco: «No allarmismi, dobbiamo capire la sua reale capacità di diffusione»

Il punto del virologo della Statale di Milano: «Dobbiamo informare le persone senza generare allarmismi»

Vaiolo delle scimmie, Pregliasco: «No allarmismi, dobbiamo capire la sua reala capacità di diffusione»
Vaiolo delle scimmie, Pregliasco: «No allarmismi, dobbiamo capire la sua reala capacità di diffusione»
di Enrico Chillè
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Lunedì 23 Maggio 2022, 08:29 - Ultimo aggiornamento: 17 Marzo, 22:06

Il vaiolo delle scimmie inizia lentamente a diffondersi anche in Europa. Dopo i primi tre casi accertati in Italia, Fabrizio Pregliasco, virologo della Statale di Milano, spiega: «Serve attenzione, ma non allarmismo. Dobbiamo in primis capire l’attuale capacità di diffusione del virus nell’uomo».

Professor Pregliasco, cos’è questo vaiolo delle scimmie e come si diffonde?

«La malattia è conosciuta ed è endemica in alcune zone dell’Africa, dove ci sono due ceppi virali, uno più moderato e uno più aggressivo. I vettori del virus non sono le scimmie, ma in genere alcuni roditori e canidi. La malattia, pur essendo molto fastidiosa, ha rischi inferiori alla varicella. I sintomi più comuni sono febbre e vescicole a grappolo che compaiono prima sul viso e poi sul corpo. In genere, tutto si risolve in due-tre settimane. A diffondere il virus sono i soggetti sintomatici, questo può aiutare nel contact-tracing».

È vero che è sessualmente trasmissibile?

«I rapporti sessuali favoriscono il contagio e questo caso non fa eccezione, ma non è vero che è più comune nei rapporti omosessuali, si rischia uno stigma sociale scientificamente infondato. Le vescicole, banalmente, possono rompersi e il liquido che fuoriesce è un veicolo di contagio. In generale, i contatti stretti favoriscono la diffusione». 

Come si cura?

«Ci sono terapie antivirali efficaci e chi è stato vaccinato contro il vaiolo umano ha un certo grado di protezione.

C’è anche un vaccino specifico, registrato ma non prodotto».

In Gran Bretagna ci sono diversi casi non di importazione. Rischiamo una nuova epidemia?

«Questo virus è una zoonosi che normalmente si diffonde poco nella popolazione umana, dobbiamo ancora capire se abbia acquisito una capacità di trasmissione indipendente. Queste evidenze sono un aspetto positivo del Covid: così come è avvenuto per le epatiti pediatriche, le patologie sono state individuate subito e le autorità sanitarie di tutto il mondo hanno condiviso i dati fra loro. Dobbiamo informare le persone senza generare allarmismi».

Se dovessimo trovarci di fronte a una nuova emergenza, meglio il vaccino contro il vaiolo tradizionale o quello specifico per proteggere anche i nati dagli anni ’80 in poi?

«Il vaiolo umano fa parte della stessa famiglia del vaiolo delle scimmie ed è la prima malattia eradicata al mondo con la vaccinazione. Ci sono ancora scorte di vaccino, mentre quello specifico potrebbe essere prodotto in breve tempo: entrambe le strategie andrebbero bene. Gli strumenti di protezione ci sono, ora è essenziale capire gli elementi di rischio e la capacità di diffusione del virus».

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