Vaccino italo-britannico, a fine aprile i primi test sull'uomo. Da settembre potrà curare medici e infermieri

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di Mario Fabbroni
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Martedì 14 Aprile 2020, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 08:06
Un’accoppiata che potrebbe rivelarsi vincente. L’azienda italiana Advent-Irbm di Pomezia (vicino Roma) e lo Jenner Institute della Oxford University hanno annunciato che inizieranno a fine aprile (in Inghilterra) i test accelerati sull’uomo - coinvolti 550 volontari sani - del prototipo di vaccino messo a punto in partnership. 
Il vaccino potrà essere disponibile in uso compassionevole (quindi in quantità limitate) per alcune categorie già dal prossimo mese di settembre, ma sarà necessario molto più tempo perché possa invece essere disponibile su larga scala per la popolazione. 

Non solo. Secondo Piero Di Lorenzo (l’ad di Irbm) «è ormai in fase finale anche la trattativa per un finanziamento di rilevante entità con un pool di investitori internazionali e vari Governi (tra cui l’Italia) interessati a velocizzare ulteriormente lo sviluppo e la produzione industriale del vaccino». 
Per ora è molto importante che si è deciso di passare direttamente alla fase di sperimentazione clinica sull’uomo, ritenendo «sufficientemente testata la non tossicità e l’efficacia del vaccino sulla base dei risultati di laboratorio, che sono stati particolarmente buoni». 

Quello italo-britannico non è comunque l’unico prototipo di vaccino in corsa per sconfiggere il virus che ha messo il mondo in ginocchio. Sono infatti cominciati (ed hanno dato primi risultati positivi) i test preclinici di altri cinque candidati vaccini italiani contro il coronavirus condotti dall’azienda Takis. Complessivamente, nel mondo, sono oltre 50 i progetti allo studio per arrivare ad un’immunizzazione efficace contro il Covid-19. «Le prove provenienti da diversi Paesi ci stanno dando un quadro più chiaro di questo virus, come si comporta, come fermarlo e come trattarlo. Sappiamo che il coronavirus si diffonde rapidamente e sappiamo che è 10 volte più mortale del virus responsabile dell’influenza del 2009», ha spiegato il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. 

Giovanni Rezza dell’Istituto superiore di Sanità e componente del Comitato tecnico-scientifico considera il vaccino co-prodotto dall’azieda italiana di Pomezia e gli inglesi come «un buon candidato, anzi direi promettente. È un vaccino che usa una piattaforma già usata per ebola. Il vantaggio sarebbe di poter accelerare ulteriormente i tempi magari comprimendo le fasi di sperimentazione e poi di produzione».
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