Uk, allarme lavoro per gli italiani. «Sponsor e licenze, con la Brexit sempre più difficile trovare un posto». Il parere dell'avvocata Bettiga Le regole

Beffa d'Oltremanica: «Sponsor e licenze, con la Brexit sempre più difficile trovare lavoro»
Beffa d'Oltremanica: «Sponsor e licenze, con la Brexit sempre più difficile trovare lavoro»
di Domenico Zurlo
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Martedì 11 Maggio 2021, 07:23 - Ultimo aggiornamento: 07:27

A Londra per fare il cameriere o il lavapiatti? Con la Brexit, un’epoca si chiude. A quattro anni dal referendum che ha sancito l’uscita del Regno Unito dall’Ue e a pochi mesi dalla sua entrata in vigore, l’orizzonte si schiarisce e si inizia a capirne davvero le conseguenze pratiche. In particolar modo sui lavoratori europei, in primis italiani: sono oltre 460mila i nostri connazionali attualmente in Gran Bretagna, e stando alle nuove norme, con ogni probabilità non sono destinati ad aumentare in tempi brevi.


Il motivo è semplice: se fino a poco tempo fa tanti giovani italiani potevano trasferirsi Oltremanica per perfezionare la lingua ricorrendo a lavori che non richiedono particolari specializzazioni (come appunto camerieri, baristi o lavapiatti), con le nuove norme post Brexit non possono più farlo. E se entrano nel Paese in cerca di lavoro senza i giusti requisiti, rischiano addirittura di essere rinchiusi in centri di detenzione e poi espulsi.


A spiegare bene la situazione a Leggo è l’avvocata Gabriella Bettiga (nella foto, sopra), director dello studio MGBe Legal, che vive in Inghilterra da vent’anni. «Da un lato c’è il lavoratore che deve avere una sponsorship da parte di un’azienda, ancor prima di partire dall’Italia. Dall’altro, lo stesso datore di lavoro, per poter sponsorizzare una persona, deve richiedere una sponsor license, che dura 4 anni». Riceverla non è una passeggiata: tra centinaia di pagine e moduli, perché la procedura vada a buon fine “di solito c’è un’attesa di circa 8 settimane”.

E in caso di violazioni, si rischia grosso: fino a 20mila sterline di multa al datore di lavoro per ogni lavoratore irregolare, oltre che una denuncia penale. 


Ma non è finita qui. Per un complicato sistema ‘a punti’, questa sponsorship non si ottiene per qualsiasi tipologia di lavoro, né per qualsiasi tipologia di lavoratore: per arrivare al punteggio necessario occorre rispondere ad una serie di requisiti che vanno dallo stipendio medio richiesto (25.600 sterline l’anno) alla conoscenza della lingua. Requisiti che rendono quasi impossibile l’accesso al Paese britannico per fare i lavori come il cameriere, il barista, il commesso (ma anche il buttafuori, l’idraulico o il muratore). 


Un aspetto non banale, perché ad avere più bisogno di questo tipo di manodopera è il settore della ristorazione, che sta cercando di risollevarsi dopo mesi di chiusura per l’emergenza Covid. «Molti lavoratori italiani sono tornati in patria negli ultimi mesi e ora non c’è ricambio. Tutti i ristoranti stanno avendo problemi, e le persone che cercano lavoro sono molte meno», spiega Giuseppe Turi, proprietario del ristorante Enoteca Turi a Londra, quartiere Belgravia.

La platea resta ampia tra i nostri connazionali che erano già nel Regno Unito, ma dall’Italia tutto tace: «Abbiamo pubblicato quattro annunci su varie piattaforme, e tra i candidati nessuno si è proposto dall’Italia - aggiunge il ristoratore - Fino all’anno scorso in questi casi si arrivava ad avere 30 o 40 richieste, ora arrivare a 10 è un’impresa. Ma noi siamo una realtà piccola, con una ventina di dipendenti: il vero problema è per le grandi attività o le catene di ristoranti, che dovrebbero assumere centinaia di persone ma non sanno dove trovarle».
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