Sparò e uccise due agenti in Questura a Trieste, Meran non imputabile: non va in carcere. «Mi vergogno di essere italiano»

Sparò e uccise due agenti in Questura a Trieste, Meran non imputabile: non va in carcere. «Mi vergogno di essere italiano»
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Sabato 7 Maggio 2022, 08:36 - Ultimo aggiornamento: 14:30

I giudici della corte d'assise di Trieste hanno assolto, perché non imputabile, Alejandro Stephan Meran accusato del duplice omicidio di due poliziotti, Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, uccisi in questura il 4 ottobre 2019.

Al 32enne di origine domenicana la corte ha riconosciuto il «vizio totale di mente», ha revocato la misura e stabilito il trasferimento dal carcere di Verona in una Rems, ossia una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza dove dovrà restare per 30 anni, vista la pericolosità e la necessità di cure specifiche. La decisione accoglie la richiesta della stessa procura, rappresentata dal pm Federica Riolino, e dei legali di Meran, gli avvocati Paolo e Alice Bevilacqua. Lascia l'amaro in bocca, invece, alle famiglie delle vittime.

La perizia

Accusa e difesa hanno ricordato, negli interventi in aula, le conclusioni della perizia redatta da Stefano Ferracuti, professore di Psicopatologia forense alla Sapienza di Roma, incaricato dalla stessa corte di effettuare una nuova perizia psichiatrica, la secondo dopo quella 'controversa' richiesta dal gip Massimo Tomassini. Secondo l'esperto, Meran «era, all'epoca dei fatti e a tutt'oggi, affetto da schizofrenia, di gravità severa, con episodi multipli». Quando ha agito l'ha fatto «all'interno di una condizione mentale caratterizzata da un delirio persecutorio, di pregiudizio e di onnipotenza, ponendosi in nesso di causalità diretto con la patologia psicotica in atto e tale da escludere totalmente la capacità di volere».

L'omicidio dei due agenti 

Meran, accompagnato dal fratello, quel giorno si trovava in questura per rispondere del furto di uno scooter. Spaventato e alterato chiese di andare in bagno, quindi riuscì a impossessarsi della pistola d'ordinanza di Pierluigi Rotta, 34enne originario di Pozzuoli, e gli sparò tre volte; poi fece fuoco quattro volte contro l'agente scelto Matteo Demenego, 31 anni originario di Velletri, intervenuto per soccorrere il collega. Sparò ancora e ferì altri agenti (sette i tentati omicidi nel capo di accusa) nel tentativo di fuga che finì a pochi passi dall'uscita della questura.

Descritto dagli psichiatri come un «gigante con i piedi d'argilla», il suo passato è fatto di abusi, di consumo di marijuana ed episodi controversi fino al ricovero psichiatrico in Germania nel 2018 resosi necessario dopo che aveva sfondato, alla guida di un'auto, una barriera di protezione dell'aeroporto di Monaco ed era salito su un aereo chiedendo di raggiungere il Brasile. Un campanello d'allarme poi rimasto inascoltato, fino al giorno della strage.

Proteste contro la sentenza

 

Uscendo dall'aula, l'avvocato della difesa, Paolo Bevilacqua, sarebbe stato spintonato dal fratello di Demenego. A quanto si apprende, Gianluca Demenego ha spinto il legale contro un muro senza apparentemente ferirlo. Le forze dell'ordine hanno quindi allontanato il parente della vittima. In quei momenti il procuratore Capo, Antonio De Nicolo, stava rilasciando alcune dichiarazioni alla stampa e si è interrotto per osservare quanto stava accadendo, riprendendo subito dopo. L'altro legale difensore, Alice Bevilacqua, incinta, ad alta voce ha chiesto più volte di uscire perché le mancava l'aria. Subito dopo le persone che si attardavano sono defluite. Durante questi momenti di tensione un'altra persona ha urlato frasi molto offensive nei confronti del pm, che nella requisitoria aveva chiesto l'assoluzione per Meran, per aver commesso il fatto in stato di non imputabilità. Al momento della lettura del dispositivo in aula erano presenti sindacati di Polizia, parenti delle vittime, rappresentanti delle forze dell'ordine, tra cui Polizia e Carabinieri.

L'amarezza delle famiglie 

«Un processo vergognoso, un verdetto vergognoso. Mi vergogno di essere italiano». Lo ha detto il padre di Matteo Demenego, Fabio, dopo la lettura del dispositivo della sentenza. Alle famiglie delle vittime è andato l'abbraccio del presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, e la solidarietà del capo della Polizia, Lamberto Giannini, che si è intratttenuto con loro in una lunga telefonata. 

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