Concordia, dopo 10 anni il racconto di Antonello Tonna: «La musica mi ha salvato»

“Saturday grey”, un brano suggestivo e romantico scritto per ricordare quel giorno

Oggi, ricorre il 10° anniversario della tragedia che ha colpito i passeggeri della nave Costa Concordia, la nave da crociera che si è schiantata contro gli scogli dell'isola del Giglio. Il racconto di un sopravvissuto
Oggi, ricorre il 10° anniversario della tragedia che ha colpito i passeggeri della nave Costa Concordia, la nave da crociera che si è schiantata contro gli scogli dell'isola del Giglio. Il racconto di un sopravvissuto
di Maria Bruno
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Giovedì 13 Gennaio 2022, 07:55 - Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 12:55

Luci, urla, sirene, buio. Un vortice di emozioni si addensa ai ricordi scolpiti nella memoria di Antonello Tonna, il pianista sopravvissuto alla strage di Costa Concordia, quando la nave da crociera si schiantò contro il gruppo di scogli nei pressi dell'Isola del Giglio, causando uno dei più gravi naufragi della storia italiana. A 10 anni da quell’episodio, Antonello racconta attimi e gesti per lui indelebili. Classe 1952, originario di Acireale (Catania), Tonna è un musicista che, già da 16 anni, suonava sulle navi da crociera.

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13 gennaio 2012: cosa rappresenta per lei questa data?

«La mia rinascita.

Dentro di me è ancora vivo il dolore di quel giorno. Mi ritengo fortunato perché sono un miracolato. Quando penso a quel giorno provo dolore e rabbia. Ma anche calma, la stessa che mi ha aiutato a salvarmi».

Dov’era al momento dello schianto?

«Erano le 21.30 e avevo terminato il mio turno al pianoforte. Mi sono diretto al quinto ponte insieme ad altri colleghi, per ingannare il tempo. Ci siamo poggiati tutti sulla balconata da cui si intravedeva la gente che stava cenando al piano inferiore. Dopo poco, un botto fortissimo: un rumore stridulo e atipico, durato circa 40 secondi. Subito la nave ha cominciato ad inclinarsi: divorati dal panico ci siamo diretti nel salone del piano su cui eravamo e, da regolamento, abbiamo aspettato le indicazioni. Abbiamo atteso per 40 minuti, prima di sentire 7 fischi che segnalavano l’emergenza. La nave continuava a sprofondare, tutti si gettavano sulla scialuppa di salvataggio, ma a noi era vietato perché facevamo parte dell’equipaggio. Un altro scossone molto forte ha fatto inclinare la nave ancora di più e lì, senza pensarci, mi sono buttato in mare. Avevo addosso i vestiti, la giacca, che tuttora riutilizzo, e le scarpe».

E riusciva a nuotare?

«Non avevo la percezione di nulla se non la foga di salvarmi. Non ricordo neanche se l’acqua fosse fredda e il mare agitato o meno. Nuotavo e basta. La musica mi ha aiutato: è stata la protagonista di quei secondi, perché nella mia mente ripercorrevo l’ultimo brano che avevo suonato in nave: la Rhapsody in Blue di Gershwin».

Cosa ha pensato quando ha toccato la terra ferma?

«Dopo aver nuotato per 200 metri, ho toccato la terra ferma e ho pensato: ma è tutto vero o un film? Avevo molto freddo, la mia mandibola tremava, non riuscivo a parlare. Ho pensato: ma è vero o un film? Mi sono voltato e ho visto la nave in posizione verticale per metà in mare e metà fuori, col pennacchio giallo all’aria. Un'immagine che non dimenticherò mai. La cosa emozionante è successa due giorni dopo quando mi ha telefonato Justine Palmelay, una giovane cantante che avevo conosciuto poco prima dello schianto: si era salvata anche lei e di lì, siamo diventati amici».

Dopo quel giorno, è tornato a suonare sulle navi?

«Sì, ma dopo 3 anni. La Costa Concordia mi ha subito chiesto di fare la stagione successiva da pianista, ma ho rifiutato. Non perché avessi paura, ma perché avevo altri lavori già fissati, per cui non necessitavo di dover accettare l’incarico. Dal 2015 non lavoro più sulle navi: ora suono nella mia Taormina, organizzo eventi e mi cibo di musica».

Ha scritto una melodia per ricordare quel giorno?

«“Saturday grey”, un brano suggestivo e romantico che fa parte del cd “Onde”, perché per me le onde del mare costituiscono un’armonia perfetta. L’ho scritta proprio a gennaio, nel 2020, ricordando quell’inverno che ormai è scolpito in me».

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