«Stefano Leo come David Raggi, ucciso da un marocchino che doveva essere in galera»

«Stefano Leo come David Raggi, ucciso da un marocchino che doveva essere in galera»
«Stefano Leo come David Raggi, ucciso da un marocchino che doveva essere in galera»
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Venerdì 5 Aprile 2019, 18:21 - Ultimo aggiornamento: 18:24

David Raggi come Stefano Leo. Aveva 27 anni, il giovane, quando nel 2015 fu ucciso fuori da un locale di Terni, sgozzato da un marocchino, Amine Aassoul: è a lui che torna il pensiero dopo il tragico omicidio dei Murazzi a Torino. Come Said Machaquat infatti, anche Amine Aassoul (poi condannato a 30 anni per l'omicidio) era libero ma doveva essere in carcere, per scontare un cumulo di pena per oltre sette anni. Entrambi non dovevano essere a piede libero, invece erano a spasso.

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Diego Raggi, il fratello di David, ha rivissuto lo stesso incubo e si è sfogato con l'ANSA: «Pensavo che dopo quanto accaduto a mio fratello e dopo la battaglia che stiamo portando avanti le cose fossero cambiate. Invece a quattro anni di distanza ancora si ripete la stessa situazione. Non sta né in cielo né in terra, questo Paese sta diventando invivibile» ha detto Diego parlando del delitto dei Murazzi.



«Mi viene un sorriso amaro - dice oggi Diego Raggi -, noi che siamo sempre in regola appena sbagliamo veniamo messi subito in galera. Possibile che una persona a spasso per la città nessuno l'abbia mai fermata? Servono ancora di più il pugno duro e controlli seri». Per Raggi quella di Torino è «la stessa identica situazione» toccata alla sua famiglia. Esprime quindi «tanta vicinanza» alla famiglia di Stefano Leo. «So quello che stanno vivendo in questi momenti - afferma -, non te ne fai una ragione. Ma spero che anche loro si facciano forza per cercare di andare avanti e migliorare le cose».

 

 

I familiari di Raggi, nel 2016, avevano chiamato in giudizio il ministero dell'Interno, quello della Giustizia e la Presidenza del Consiglio per le mancate espulsione dall'Italia di Aassoul, clandestino, ed esecuzione del provvedimento di cumulo di pena. A marzo il tribunale civile di Roma ha escluso la responsabilità da parte delle tre istituzioni, condannando palazzo Chigi al pagamento di un indennizzo di 7.200 euro ciascuno, nei confronti di padre, madre e fratello di Raggi, sulla base del riconoscimento dei benefici della legge in favore delle vittime di reati violenti intenzionali. 

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