«Annarita Torriero mi disse che il giorno in cui scomparve Serena Mollicone, il primo giugno del 2001, lei si trovava nella caserma per portare alcune cose a Santino Tuzi e mi raccontò di avere visto li la ragazza». E' quanto ha affermato, davanti ai giudici della Corte d'assise di Appello di Roma, Sonia Da Fonseca, sentita come testimone nel processo di secondo grado.
Il teste ha riferito le affermazioni fatte dalla donna che aveva avuto una relazione con il carabiniere Tuzi poi morto suicida nel 2008.
Chi è Sonia De Fonseca
Sonia De Fonseca si conferma una testimone chiave secondo la Procura generale perché al tempo dell’omicidio di Serena Mollicone era la vicina di casa di Anna Rita Torriero: colei che aveva avuto una lunga relazione con Santino Tuzi, il carabiniere che si tolse la vita nel 2008 dopo aver rivelato di aver visto Serena entrare nella caserma dei carabinieri il primo giugno 2001, il giorno in cui sparì da casa. Non solo, Sonia riferisce anche le parole che Anna Rita Torriero le disse sullo stato d’animo di Tuzi: «Era molto nervoso in quel periodo, Anna Rita diceva che stava ritrattando le cose che aveva raccontato ai magistrati».
Vent'anni di indagini
Serena Mollicone, studentessa liceale, scomparve l'1 giugno del 2001 da Arce e fu ritrovata due giorni dopo, il 3 giugno, in località fonte Cupa a Fontana Liri. Legata mani e piedi e con la testa infilata in un sacchetto del supermercato, morì di asfissia meccanica. Le indagini, proseguite per vent'anni e costellate da difficoltà tecniche, vuoti investigativi e clamorosi errori giudiziari, nel dicembre del 2019 sono sfociate nel rinvio a giudizio dei cinque indagati.
Per la procura di Cassino, Serena Mollicone è stata uccisa nella caserma dei carbinieri al culmine di un litigio che sarebbe avvenuto nell'alloggio di servizio nella famiglia Mottola. Per questo motivo l'ex comandante Mottola, la moglie e il figlio sono stati accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere mentre gli altri due carabinieri, sempre secondo l'accusa, avrebbero saputo di quanto era accaduto ma avrebbero taciuto. La corte d'assise nel tribunale di Cassino, nella sentenza di assoluzione emessa il 15 luglio 2022, aveva ritenuto che le prove raccolte dall'accusa non fossero sufficienti a inchiodare il cinque alle proprie responsabilità.