Cursi, sparatoria nel Salento: uccisi per un parcheggio padre, figlio e zia. Il vicino di casa confessa: «Dovevo mettere fine a questa storia»

«Me lo facevano apposta a parcheggiare le loro auto davanti casa mia»: spara e uccide i vicini
«Me lo facevano apposta a parcheggiare le loro auto davanti casa mia»: spara e uccide i vicini
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Venerdì 28 Settembre 2018, 23:56 - Ultimo aggiornamento: 29 Settembre, 14:57

Una strage. È di tre morti e un ferito il tragico bilancio di una sparatoria avvenuta nella tarda serata di ieri in strada a Cursi, in via Tevere, in provincia di Lecce. L'assassino, il vicino di casa Roberto Pappadà, ha confessato: «Me lo facevano apposta a parcheggiare le loro auto davanti casa mia. Ho sbagliato, non voglio essere difeso, pagherò, ma dovevo mettere fine a questa storia». 

Un triplice omicidio nato da questioni di cattivo vicinato, che hanno portato alla morte di Francesco Marti e Andrea Marti, di 63 e 36 anni, padre e figlio. Morta poco dopo, in ospedale, anche la cognata di Francesco e zia del giovane, Maria Assunta Quarta, che era stata ricoverata in codice rosso per una ferita all'addome. Ferite lievi per la moglie di Francesco Marti e madre di Andrea, Fernanda Quarta. Quest'ultima è ricoverata nell'ospedale di Tricase. A cadere per primo sotto i colpi di pistola è stato Andrea Marti. Il padre è intervenuto in suo soccorso ed è finito nel mirino dell'assassino, che ha sparato senza pietà. Poi è toccato alle donne.

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Roberto Pappadà è stato arrestato e in nottata trasferito nel carcere di Borgo San Nicola a Lecce. Il movente della strage sarebbe da ricondurre alle continue liti che negli ultimi tempi hanno visto protagonisti i due uomini uccisi e una famiglia del vicinato. L'ultimo litigio, stando a quanto avrebbero riferito alcuni testimoni, è avvenuto a causa di un parcheggio. Pappadà è accusato di triplice omicidio pluriaggravato da futili motivi e premeditazione. Nell'interrogatorio davanti al magistrato di turno Donatina Buffelli, alla presenza del suo legale difensore avvocato Nicola Leo, Pappadà ha ricostruito in maniera lucida la sua folle vendetta, asserendo che il vaso era ornai «sbatterrato» (secondo un termine salentino), dopo un anno e mezzo - a suo dire - di soprusi subiti. 
 

 

Andrea Marti, operaio, era stato in compagnia della fidanzata fino a pochi minuti prima della sparatoria. Il padre, pensionato, ha sentito gli spari e ha raggiunto il figlio ormai a terra. In quel momento è stato colpito a morte anche lui. Illeso il marito di Maria Assunta Quarta, che ha trovato riparo quando l'assassino ha cominciato a sparare. 


Andrea Matri

Pappadà ha raccontato di essersi procurato prima una pistola e di aver poi attesto l'arrivo di Andrea Marti, arrivato in via Tevere in auto con la fidanzata. Dopo aver estratto l'arma e aver intimato alla giovane di allontanarsi, ha esploso due colpi da una distanza di quattro metri, colpendo il giovane alla testa e al petto. Quando poco dopo è arrivato l'auto con a bordo il padre del giovane, Franco, insieme alla moglie e alla sorella di lei, ha fatto nuovamente fuoco. Dei tre si è salvata solo Fernanda Quarta, la madre di Andrea e moglie di Franco, colpita di striscio dalla pallottola. Ai militari dell'Arma che lo hanno trovato nei paraggi, non ha opposto resistenza, appoggiando l'arma per terra.
Secondo quanto riferisce il comandante dei vigili urbani di Cursi, Luigi Epifani, più volte gli era stato chiesto se voleva che si provvedesse a destinargli un parcheggio riservato per portatori di handicap davanti casa (Pappadà viveva con la sorella disabile), ma lui aveva sempre rifiutato, asserendo che non c'era bisogno perché nella strada c'era posto per tutti.

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