Lo strappo è consumato e la rottura fra Di Maio e Conte, nell’aria da tempo, è servita. L’ex ragazzo di Pomigliano oggi ministro lascia il Movimento 5 stelle. «Una scelta sofferta» dice. Poi punge: «Da domani il Movimento non è più la prima forza politica in Parlamento». Il ministro giustifica la sua scelta davanti a quelle che chiama “ambiguità” del M5s in politica estera: «Dovevamo scegliere da che parte della storia stare, con l’Ucraina aggredita o la Russia aggressore. Le posizioni di alcuni dirigenti del M5s hanno rischiato di indebolire il nostro Paese». Pronti a seguirlo sarebbero al momento 50 deputati alla Camera e 11 al Senato e fra questi ci sono 5 degli 11 fra sottosegretari e viceministri in quota Movimento.
Il progetto del titolare della Farnesina guarda al 2023 e alle nuove elezioni ma intanto assicura pieno appoggio al governo Draghi.
I più vicini all’ex premier sostengono che l’emorragia non sarà così grave e smentiscono che i grillini stiano pensando di mollare il governo, magari con un appoggio esterno: «Sono altri che creano problemi al governo, non noi» ha detto il ministro Stefano Patuanelli. I contiani insinuano il sospetto che la scelta di Di Maio e dei suoi trovi ragione nello stop al terzo mandato. “«icuramente non se ne vanno per la risoluzione o per questioni di politica internazionale» si sussurra velenosamente. Attacca Di Maio anche l’ex pentastellato Alessandro Di Battista: «Governare con tutti per portare a casa comode poltrone si chiama ignobile tradimento, non senso di responsabilità».