Pietro, morto in auto a 17 anni. L'amico rapper: «Quei due erano falsi amici»

Pietro Benfatto ha perso la vita domenica scorsa, mentre a 17 anni era alla guida della macchina dei suoi genitori

Pietro, morto in auto a 17 anni. L'amico rapper: «Quei due non erano affatto suoi amici»
Pietro, morto in auto a 17 anni. L'amico rapper: «Quei due non erano affatto suoi amici»
di Danilo Barbagallo
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Martedì 8 Febbraio 2022, 10:16 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 12:45

La morte di Pietro Benfatto, il 17enne di Mortise, nel comune di Padova, scomparso domenica all’alba a seguito di un incidente stradale, ha sconvolto la città. Il dolore è presente  nelle parole di un suo grande amico, Ovidio Pran, in arte 16Grams: «Volevo aiutarlo a emergere - ha spiegato - Aveva già guidato prima, ma quei due non erano suoi amici».

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Pietro Benfatto, morto in auto a 17 anni

Ovidio Pran, vero nome del rapper padovano 16Grams, era un amico di Pietro Benfatto, il 17enne che si è schiantato la notte tra sabato e domenica, mentre guidava senza patente l’auto dei genitori.  I due avevano anche lavorato insieme e sia a Ovidio che al resto della compagnia, non piaceva la nuova comitiva che Pietro frequentava: «Li conosciamo tutti – ha spiegato, come riporta "Il Gazzettino" -  ma sono dei falsi amici.

Chi lascia mettere al volante un ragazzo in quelle condizioni? Sono distrutto. Purtroppo ultimamente sto lavorando tanto, ed era qualche tempo che non vedevo Pietro. Riuscivamo a incontrarci un paio di volte al mese e parlavamo del nostro progetto. Anzi, dei tanti progetti che avevamo».

La tragedia poteva essere evitata: «Lui si frequentava con questi due ragazzi che per me sono dei finti amici. Mi hanno detto che erano più sere che Pietro prendeva la macchina, i suoi sapevano che la guidava un altro. E lo stesso è successo domenica notte. Quando è stata ora di tornare a casa, nessuno voleva montare con lui perchè era ubriaco. Dei veri amici, come noi della sua compagnia, non gli avremmo mai permesso di fare ‘ste robe. Lo sapevamo com’era fatto Prince, era un po’ vivace, gli piaceva vivere la vita un po’ all’estremo. Siamo cresciuti in questa specie di ghetto dove i nostri genitori sono brave persone, ma un po’ di povertà dietro c’è sempre e così si vive un po’ al limite, si aspira a qualcosa di meglio, ma da qui a lasciar fare delle cazzate del genere ce ne vuole».

Con lui muoiono anche i suoi sogni di successo, di sfondare nel mondo della musica trap: «Il suo desiderio era quello di cantare. L’ha fatto fin da piccolo, ma non lo sapeva nessuno, era introverso. Poi nell’estate 2020 abbiamo fatto quella canzone, abbiamo comprato un sacco di basi, avevamo tanti progetti. Tanti contatti con tanti studi, aspettavamo che qualcuno ci chiamasse ed eravamo pronti. Lui era bravo, aveva i numeri per sfondare».

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