Pensioni, sindacati in pressing: «Via dal lavoro a 62 anni d’età o con 41 anni di contributi»

Pensioni, sindacati in pressing: «Via dal lavoro a 62 anni d’età o con 41 anni di contributi»
Pensioni, sindacati in pressing: «Via dal lavoro a 62 anni d’età o con 41 anni di contributi»
di Alessandra Severini
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Mercoledì 5 Maggio 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 08:19

Non tornare alla legge Fornero. A fine dicembre scade la sperimentazione triennale di quota 100 e il governo Draghi non ha intenzione di prorogarla. I sindacati però chiedono di non tornare al vecchio sistema voluto dalla riforma di 10 anni fa (67 anni per la vecchiaia o 42 e 10 mesi di contributi, 41 e 10 mesi per le donne) e fanno la loro proposta: in pensione da 62 anni o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età a partire dal 2022. Cgil, Cisl e Uil, in una iniziativa unitaria, chiedono un confronto con il governo per «cambiare le pensioni adesso».

«Le pensioni non sono un lusso per pochi» dicono in coro i segretari generali Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri. Per i sindacati, tornare oggi al modello Monti-Fornero con un salto anagrafico che per molti si tradurrebbe in 5 anni di lavoro in più, significa «non essere sintonizzati sulla vita reale delle persone».

Nella proposta di riforma complessiva del sistema pensionistico si pensa anche ai giovani, che rischiano di «andare in pensione a 70 anni» e con assegni bassi perché entrati tardi nel mercato del lavoro e spesso con carriere discontinue.

Di qui la richiesta di prevedere per loro una pensione di garanzia, tenendo conto dei periodi di lavoro e di quelli “qualificanti”, come formazione e disoccupazione involontaria. Tra le richieste, anche quella di riconoscere la diversa gravosità dei lavori e il lavoro di cura delle donne, che più hanno pagato l’inasprimento dei requisiti pensionistici. Per loro Cgil, Cisl e Uil chiedono di riconoscere 12 mesi per figlio per anticipare l’età della pensione oppure, a scelta della lavoratrice, per incrementare il coefficiente di calcolo.

Ieri intanto, in un incontro con le parti sociali, il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha delineato una bozza di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali che prevede un sistema universale ma con regole diverse a seconda dei settori e del numero di dipendenti delle aziende.

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