Noemi Durini, uccisa a 16 anni dal fidanzato: dopo tre anni Lucio Marzo chiede di lavorare fuori dal carcere

Noemi, uccisa a 16 anni dal fidanzato: dopo tre anni Lucio Marzo chiede di lavorare fuori dal carcere
Noemi, uccisa a 16 anni dal fidanzato: dopo tre anni Lucio Marzo chiede di lavorare fuori dal carcere
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Mercoledì 2 Dicembre 2020, 13:45

Tre anni fa aveva ucciso la sua fidanzata, seppellendola viva. Oggi, invece, Lucio Marzo, l'assassino reo confesso della 16enne Noemi Durini, ha chiesto di poter lavorare fuori dal carcere di Quartucciu, dove è detenuto. Per la legge, essendo minorenne all'epoca dei fatti e avendo confessato l'omicidio, ne avrebbe diritto.

Il caso è di quelli destinati a far discutere. Noemi Durini, il 3 settembre 2017, era scomparsa nel nulla: l'ultima volta in cui era stata vista a Specchia (Lecce) si trovava proprio in compagnia del fidanzato, di un anno più grande. Seguirono giorni di ricerce e di indagini, con Lucio Marzo che fu messo sotto torchio dagli inquirenti e alla fine confessò di averla uccisa, dopo averla percossa e sepolta viva sotto alcuni massi nei pressi di Castrignano del Capo. Il giovane spiegò di aver agito per una presunta conflittualità con la famiglia, che considerava Noemi una presenza negativa, con una cattiva influenza sul figlio. «Voleva far del male ai miei genitori», aveva spiegato Lucio Marzo. E i genitori, dopo la confessione del figlio, dichiararono alla stampa: «Siamo orgogliosi di lui».

In virtù delle vie preferenziali concesse ai minorenni dalla legge, anche per Lucio Marzo diventa più facile e veloce accedere a permessi speciali e sconti di pena. La richiesta del giovane, che già lavora all'interno del carcere, sarà valutata dai magistrati, che esamineranno anche le relazioni dei responsabili del Quartucciu. Lucio Marzo era stato condannato in via definitiva a 18 anni e otto mesi.

«Il nostro sistema giudiziario prevede misure riabilitative, garantite anche dalla Costituzione. Il carcere ha uno scopo preciso e indispensabile: consentire ai detenuti di mantere rapporti con la famiglia e il reinserimento nella società una volta scontata la pena. Ci sono detenuti che, non usufruendo per diversi motivi di nessun beneficio, quando terminano di scontare la pena ed escono, non sanno nemmeno più come si prende un autobus perché per anni sono rimasti fuori da tutto» - ha spiegato a Fanpage la criminologa Isabel Martina - «Lucio Marzo, però, non ha mai compreso la gravità delle sue azioni, anche per via della solidarietà della famiglia, una sorte di giustificazione morale ed etica. Si rischia la devittimizzazione di Noemi Durini, uccisa in modo atroce: a volte bisogna ricordare come è morta una persona per capire che certi permessi non sono contemplabili, almeno per senso di giustizia e di memoria verso le vittime».

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