Marcelo Pecci Albertini aveva un bersaglio sulla schiena. Ma non se ne curava: non aveva neppure la scorta. Eppure le inchieste di questo super procuratore antidroga paraguayano di origini italiane erano di grande spessore: criminalità organizzata, traffico di stupefacenti, riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo. I narcos. E i narcos non dimenticano. Aspettano. E hanno colpito quando il magistrato, che avrebbe compito 46 anni il prossimo settembre, era più indifeso: steso al sole, sulla spiaggia del isola caraibica di Barú, 45 minuti da Cartagena de las Indias, in Colombia. Al suo fianco, sul lettino davanti all’hotel Decameron, c’era la moglie, la giornalista investigativa Claudia Aguilera, sposata lo scorso 30 aprile. Lei gli aveva appena comunicato di essere incinta. Poi sono arrivati i sicari.
Due uomini.
Il governo del presidente paraguaiano Mario Abdo ha condannato vivamente l’omicidio, trattandosi del primo magistrato paraguaiano ucciso all’estero. Pecci era un uomo di punta dell’Unità antidroga e antiriciclaggio della procura dei Asuncion. Nel febbraio scorso aveva partecipato ad una maxi operazione denominata “A Ultranza Py”, riguardante le infiltrazioni di organizzazioni mafiose in Paraguay dal Brasile e dall’Europa, che aveva portato alle dimissioni di due ministri.