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«Le attività hanno consentito di evidenziare il ruolo ricoperto da Giuseppe Farinella, figlio di Domenico Farinella, l'autorevole boss di cosa nostra all'epoca detenuto a Voghera in regime di alta sicurezza - dicono gli inquirenti - Questo sistema di controllo della consorteria mafiosa, basato sui rapporti di consanguineità, ha così permesso al capo mafia detenuto di mantenere il controllo del mandamento». «I tentacoli del mandamento si erano allungati anche sull'organizzazione dell'Oktoberfest del 2018 a Finale di Pollina, quando, per impedire la partecipazione alla sagra di un commerciante che non si era piegato alle imposizioni del clan, gli indagati non avevano esitato a devastargli lo stand», ricordano i Carabinieri.
Con la libertà, nell'aprile 2019, Domenico Farinella ha deciso di concentrare nelle sue mani il vertice del sodalizio e «ha ordinato agli associati liberi di intensificare la presenza sul territorio, avviando una nuova spirale di estorsioni ai danni dei commercianti», dicono gli investigatori. «Preziosissime, in questo senso, sono state le testimonianze delle vittime che, ribellandosi al sistema criminale, hanno trovato il coraggio di denunciare di iniziativa e di collaborare con i Carabinieri».
Le investigazioni hanno consentito di evidenziare anche la «capillare e asfissiante influenza dell'organizzazione mafiosa sul tessuto economico non soltanto attraverso l'imposizione del pizzo, ma anche attraverso la sensaleria negli affari dei privati e per mezzo della gestione diretta di attività di impresa che, fittiziamente intestate a soggetti incensurati, erano nei fatti amministrate dagli indagati». Al fine di eludere eventuali misure cautelari, infatti, Giuseppe Farinella e Giuseppe Scialabba «avevano fatto risultare terze persone quali titolari rispettivamente di un centro scommesse di Palermo e una sanitaria di Finale di Pollina, sottoposti a sequestro, del valore di 1.000.000 di euro».