Fase 2, il grido di allarme dei locali: «Impensabile riaprire con le regole del distanziamento sociale»

Fase 2, il grido di allarme dei locali: «Impensabile riaprire con le regole del distanziamento sociale»
di Nicole Cavazzuti
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Mercoledì 13 Maggio 2020, 21:22 - Ultimo aggiornamento: 21:51

“È impensabile chiedere ai locali di riaprire con il distanziamento feroce che pare pretenderanno, per non parlare dell’ipotesi delle barriere in plexiglass”, sbotta Fabrizio Ghilardi, titolare del Wisdomless Club di Roma. E non diversamente Luigi Ferrario, proprietario di Casa Mia di Milano, osserva. “Ci trattano come carne da macello. Tornare a fare somministrazione a queste condizioni, con tutte le limitazioni di cui si parla in questi giorni, non è economicamente sostenibile. Se non vengono apportate delle modifiche alle misure previste ad oggi, perderemmo circa il 70% degli incassi. Quindi o si rinegoziano le spese fisse, dalla tassa dei rifiuti agli affitti, oppure aprire a queste condizioni significherebbe per molti locali fallire. Sarebbe importante avere un credito di imposta sugli affitti del 50% almeno fino a fine anno e del 30% nel 2021”.


Che lo Stato intervenga con un’iniezione di liquidità è l’auspicio che viene da ogni fronte. “Le misure prese a livello economico sono un’assoluta presa in giro. E il finanziamento di 25 mila euro è praticamente un atto di strozzinaggio. Il governo dovrebbe sostenerci in modo concreto”, sottolinea Davide Vitale, titolare della Pesa Pubblica di Milano.



Che lancia un’idea: “Io suggerisco di ribaltare l’approccio. Oggi il virus dà sintomi più lievi. Quindi, invece di obbligare tutti a mantenere a tempo indeterminato le misure di sicurezza imposte, perché non impegnarsi per proteggere le categorie che davvero sono a rischio di vita a causa del coronavirus? Non parlo di un “liberi tutti subito”. Anzi. Proporrei di mantenere le misure in atto fino a quando la popolazione a rischio non sarà munita di mascherine serie, ovvero le ffp2 e ffp3. Quelle chirurgiche sono solo un palliativo, dicono più specialisti”, chiarisce.

E infine specifica: “Per una strategia del genere serve tempo per raccogliere i dati, per attrezzarsi a livello logistico e per realizzare una forte campagna di comunicazione che informi le persone su come usare correttamente i dispositivi. In questa fase, lo stato dovrebbe sostenere le imprese a livello economico. Però così si creerebbero le condizioni per aprire”.

E dalla Sardegna l’imprenditore Gianmatteo Mariano di Porto San Paolo afferma: “Il 15 giugno riapriranno i collegamenti navali e gli aeroporti. Noi qui siamo nella cacca. Abbiamo avuto paura del contagio, ora abbiamo timore della fame. Il turismo deve ripartire, dobbiamo lavorare”.

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