Lidia Vivoli, sopravvissuta all'inferno: «Il mio ex cercò di uccidermi. Ora è già fuori dal carcere»

Lidia Vivoli, sopravvissuta all'inferno: «Il mio ex cercò di uccidermi. Ora è già fuori dal carcere»
Lidia Vivoli, sopravvissuta all'inferno: «Il mio ex cercò di uccidermi. Ora è già fuori dal carcere»
di Michela Poi
3 Minuti di Lettura
Martedì 26 Novembre 2019, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 20:52

Sopravvissuta all’inferno, scampata alla morte. Lidia Vivoli, 48 anni, assistente di volo di Palermo, racconta con lucidità quello che le è accaduto il 24 giugno 2012, quando l’uomo che voleva lasciare ha tentato di ucciderla a colpi di forbice.

Come e quando conobbe il suo aguzzino?
«Era il 2011. Lo incontrai in un ristorante di amici. Da subito mi fece una corte spietata. Fiori, regali, sorprese. Ero convinta di aver trovato il mio principe azzurro. Dopo due mesi eravamo fidanzati».

Poi cosa accadde? 
«La mia compagnia aerea mi trasferì da Palermo a Catania e andammo a convivere. Iniziò a esercitare un controllo sempre più serrato su di me. Mi accompagnava ovunque. Era estremamente geloso».

Come degenerò la situazione?
«Eravamo a casa e lui mi chiese di controllare il mio telefono. Pensavo scherzasse, risi e rifiutai. Impazzì. Mi prese la mano destra e me la girò dietro la schiena quasi spezzandomela. Poi mi sbatté la testa al muro e svenni. Ne uscii scioccata. A questa seguirono altre aggressioni».

Come la convinceva ogni volta a tornare con lui?
«Dopo avermi picchiata diventava improvvisamente affettuosissimo. E poi scuse in ginocchio, richieste di perdono, giustificazioni di ogni genere. Così ogni volta ci ricascavo». 

Poi quel 24 giugno 2012. Cosa accadde?
«Avevo deciso di lasciarlo. Quel giorno andammo al Santuario della Madonna Nera di Tindari, in provincia di Messina. Inginocchiandosi di fronte a me giurò sui suoi figli che non mi avrebbe mai più messo le mani addosso. La stessa notte cercò di uccidermi mentre dormivo tra le sue braccia. Me lo ritrovai con una bistecchiera di ghisa in mano. Iniziò a colpirmi in testa così forte che il manico si staccò. Non contento, afferrò un paio di forbici e mi pugnalò sulla schiena, in pancia e poi in faccia. C’era sangue dappertutto. Infine tentò di strozzarmi con il filo di un abat jour. Riuscii a farlo andare via con un colpo alle parti basse e chiamai i soccorsi».

Lui è stato condannato a 4 anni e mezzo di reclusione, ridotti a 3. Ora dov’è?
«È un uomo libero. Tanto che ha continuato a perseguitarmi con minacce che gli sono costate un processo, questa volta per stalking, tuttora in corso».

Lei ha un nuovo compagno ed è diventata madre di due figli. 
«Sì, anche se da queste cose non se ne esce mai del tutto. Piango per un nonnulla, ho paura di tante cose. Ma ringrazio Dio ogni giorno di avermi salvata». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA